Un contratto per due

Se i padri si fanno da parte per far assumere i figli. Il Governo ci prova con un disegno di legge che dovrebbe garantire almeno duecentomila posti di lavoro tra i giovani.

Ecco come funziona la "staffetta generazionale"

11/06/2013

Si chiama “staffetta generazionale”. E’ il meccanismo allo studio dal premier Enrico Letta e dal ministro del Lavoro Giovannini per combattere la piaga della disoccupazione giovanile (in Italia ormai sfiora il 40 per cento). Il meccanismo è semplice. Sembra l’uovo di Colombo. In realtà dietro una formula apparentemente semplice, si nasconde un problema che ha attraversato tutta la storia della Prima e della Seconda repubblica. 

Se il disegno di legge allo studio andrà in porto, i dipendenti prossimi alla pensione (entro cinque anni) potranno scegliere il part time per alleggerire la loro posizione: meno lavoro a stipendio più basso. Per ogni lavoratore che accetta, l’azienda è tenuta ad assumere un lavoratore con meno di 35 anni a tempo indeterminato. Il neoassunto nella maggior parte dei casi verrebbe affiancato dal collega “senior” che si trasforma in “tutor”. Un avvicendamento generazionale che almeno sulla carta ha molto di suggestivo, con l’anziano a far da “chioccia” al giovane di belle speranze.

I vantaggi sarebbero per tutti. Il futuro pensionato può vivere il suo tramonto lavorativo più liberamente in attesa della pensione, il giovane conquisterebbe l’agognato posto di lavoro e l’azienda aumenterebbe la produttività del 50 per cento (il cento per cento del giovane più il 50 per cento del futuro pensionato uguale 150 per cento). Lo Stato interverrebbe pagando i contributi rimanenti al “senior”, in modo da assicurargli la pensione piena, senza alcuna decurtazione, e assicurando sgravi fiscali al “junior”. Per l’impresa un bel risparmio. Per il giovane: un posto di lavoro a tempo indeterminato. Tutto semplice, dunque. Ma è davvero così?



In verità la staffetta generazionale non è una novità. La introdusse l’allora ministro del Lavoro Franco Marini nel 1991, seguito dai successori Tiziano Treu nel 1997 e da Cesare Damiano nel 2007. I progetti dei tre ministri si arenarono nelle secche di parecchi problemi, ma soprattutto su una non particolare voglia di passare al part time da parte degli anziani. Perché un lavoratore cui mancano cinque anni alla pensione dovrebbe rinunciare volontariamente al lavoro a tempo pieno avendo come unico incentivo il pagamento dei contributi pensionistici? Un incentivo maggiore potrebbe essere l’assunzione del figlio. In passato questa consuetudine c’è stata in alcuni gruppi industriali e soprattutto bancari, anche se non è mai stata sancita ufficialmente nei contratti aziendali. Ma fare di queste eccezioni la regola pubblica avrebbe implicazioni non soltanto moralmente discutibili (e gli orfani?) ma anche di natura costituzionale, poiché ciascun cittadino in una democrazia ha il diritto di scegliersi il lavoro per cui è maggiormente portato e le staffette lavorative padri-figli ingesserebbero questa possibilità più di quanto non lo sia oggi (si vedano le statistiche sul mestiere dei figli in rapporto a quello dei padri). Inoltre tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alal legge. In questo caso ci sarebbero degli indubbi privilegi legalizzati.

Anche il recente rapporto dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, boccia la staffetta generazionale. Secondo l’agenzia dell’Onu i lavoratori giovani non devono prendere il posto di quelli più anziani nel mercato del lavoro e il governo dovrebbe individuare altri mezzi a sostegno dell’occupazione giovanile. L’Ilo suggerisce come alternativa la Youth Guarantee (di matrice nordica), cioè il sistema di garanzia per dare la possibilità ai giovani al di sotto dei 25 anni di ricevere delle offerte di lavoro di buona qualità, una formazione senza interruzioni, un apprendistato o un tirocinio entro quattro mesi dal momento in cui si resta disoccupati o si abbandonano gli studi, incentivi all’assunzione dei giovani più svantaggiati (disoccupati di lunga durata o giovani poco qualificati), borse di formazione e tutoraggio.  

Non resta da capire cosa tirerà fuori dal cilindo il governo per rendere più appetibile questa staffetta generazionale che, assicura letta, se portata avanti, garantirebbe almeno duecentomila nuovi posti di lavoro.

Francesco Anfossi

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Postato da Rodolfo Vialba il 11/06/2013 09:50

Questa è una delle pochissime volte, dai tempi in cui era Segretario Nazionale della CGIL, che sono d’accordo con Cazzola: il sistema della “Staffetta Generazionale” non potrà funzionare per le ragioni che lui stesso indica e che sono le stesse dell’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite. A parte tutti gli altri problemi, il problema vero è la mancanza di risorse a livello nazionale, tanto che anche le esperienze regionali se funzionano, e occorre attendere i risultati, è solo perché la Regione mette a disposizione delle risorse. Augurandoci, in ogni caso e soprattutto per i giovani in cerca di lavoro, che l’iniziativa Staffetta Generazionale, con le opportune correzioni suggerite dalle esperienze maturate nel tempo a partire da quella governativa del 1991, produca risultati immediati, importanti e positivi, vale la pena riflettere su ciò che appare una contraddizione evidente quanto macroscopica di cui nessuno ne parla. Non mi riferisco tanto alla “Riforma Fornero” che ha notevolmente aumentato l’età pensionabile, ma mi riferisco alla diverse modalità in essere che consentono alla stessa persona di percepire il reddito da pensione e di continuare l’attività lavorativa, cioè il così detto “cumulo lavoro-pensione”. Se consideriamo tutte le possibilità offerte dalla legge per continuare l’attività lavorativa, e dunque occupare un posto di lavoro e un reddito, dopo aver maturato e percepito la pensione, con la conseguenza di raddoppiare il proprio reddito, non ci si può non chiedere se la riduzione di queste opportunità consentite dalla legge non siano in grado di produrre maggiore occupazione nell’area giovanile. E non si dica, per favore, che è necessario che gli anziani, in ragione della loro esperienza, restino al lavoro anche oltre l’età della pensione per trasmettere il loro sapere ai giovani, non lo si dica perché non è vero, perché nella realtà non funziona così, perché il posto dell’anziano non lo prende un giovane appena assunto, ma uno un po’ meno anziano di chi va in pensione. La proposta della “Staffetta Generazionale” viene presentata e motivata come strumento di solidarietà tra le generazioni, e dal punto di vista teorico sicuramente lo è. Come spiegare, sempre in termini di solidarietà, che il “cumulo lavoro-pensione” è uno strumento altrettanto valido? Non vi sono in esso, al di là delle intenzioni e delle ragioni originarie, forti componenti di natura economica sia individuali che aziendali che ne snaturano le finalità e premiano forme di egoismo? C’è qualcuno, l’INPS ad esempio, in grado di quantificare quanti sono coloro che utilizzano il sistema del “cumulo lavoro-pensione” e quali sono i costi di questo sistema sostenuti con risorse pubbliche? Ha sicuramente qualche ragione Pierre Carniti, ex Segretario Generale della CISL,che sostiene la formula “Ridistribuire il lavoro e ridistribuire i redditi» così motivata: “di fronte al fatto che il lavoro manca, si tratta di dividere quello che c' è tra il maggior numero possibile di persone. Utilizzando, ad esempio, strumenti come i contratti di solidarietà. Al tempo stesso è necessario ridistribuire il reddito perché è dimostrato che tanto più aumenta il divario dei redditi in una società, tanto più diminuiscono i consumi. Con buona pace degli economisti liberali che hanno sempre teorizzato il contrario»

Postato da DOR1955 il 11/06/2013 09:31

La cosi detta "staffetta generazionale" (all'italiana), come sottolinea il Dr Anfossi, quando scrive che: " ... tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alla legge..." nasconderebbe un grave rischio di "nepotismo" (e comunque questo avvicendamento avverrebbe, ne sono certo, quasi esclusivamente a livello di pubblico impiego incrementando ulteriormente la mastodontica macchina burocratica statale) legittimato da una legge di fatto anticostituzionale. E qualunque persona che non avesse la possibilità di avere un genitore-nonno occupato disposto a fare part-time per poter introdurre il proprio figlio-nipote nel "suo" posto di lavoro, potrebbe facilmente, a mio sommesso parere, fare causa all'azienda-ente che mette in atto tale azione in quanto viziata di anti Costituzionalità (indipendentemente dalle leggi emanate ad hoc prevale sempre e comunque la Costituzione, almeno dovrebbe). Detto ciò, la cosa non risolverebbe assolutamente nulla a livello di macro economia in quanto, a fronte di 50-100.000 giovani che iniziano a lavorare (ma con quale stipendio poi?), la differenza dei contributi a fondo pensione dei 50-100.000 "anziani" che accettano il part-time (con riduzione-dimezzamento dello stipendio) sarebbe a carico della comunità, alias i conti dello Stato, che non mi sembra siano tanto in salute da poter permettere ciò. Mi sembrano soluzioni astruse, peraltro come ricordato dal Dr Anfossi già sperimentate e “morte” in culla, palliativi più di facciata che di sostanza (e l’ILO che la vede più lunga dei politichetti italiani infatti l’ha bocciata). Purtroppo siamo ancora una volta “alla deriva”; questo governo naviga a vista (e senza radar, anzi, i radar ci sono ma non sono capaci di leggerli) e non vede gli “scogli” su cui ci stiamo andando a “schiantare”. Dopo il fallimento totale del governo Monti (che di fatto ha “gambizzato” un’Italia già zoppa di suo) il quale, invece di portarci fuori dai “tunnel” che solo lui vedeva, ci ha avviati verso un “vicolo cieco”, ed ora ci ritroviamo un governo che altro non è che, ironia della sorte, la “staffetta generazionale” del governo Monti stesso. Se tanto mi da tanto ………….

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