01/06/2011
C'era una volta il Mondiale del 1994, quello in cui nessuno credeva, e che non abbiamo vinto per il soffio di un rigore volato alto sulla traversa. C'era una volta il pianto di Roberto Baggio con Beppe Signori che lo consolava. C'era una volta la sintonia magica tra loro due che aveva tirato in finale con i denti un'Italia incerottata. C'era una volta Baggio che, dopo un passaggio e una rete, gridava «Beppe Signori, vieni qua».Ancora inginocchiato per terra lo chiamava per abbracciarlo.
Sembra impossibile che si possa partire da lì e finire così male: Beppe Signori, il bomber di Lazio, Samp, Bologna e Nazionale italiana negli anni Novanta, è stato arrestato con l'accusa di governare un giro enorme di calcio scommesse tra Serie B e Lega Pro, nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria che coinvolge molte procure, in cui compaiono altri nomi illustri come quello di Bettarini e di Doni, capitano dell'Atalanta, indagati. Sedici gli arrestati, sette in carcere gli altri ai domiciliari. Pare che tra i metodi in uso per truccare i risultati degli incontri figurasse l'impiego di calmanti somministrati ai giocatori a loro insaputa per fiaccarne il rendimento in campo.
Sembra impossibile. eppure è proprio così che si finisce spesso, alla fine di quell'esistenza dorata e drogata dai riflettori che è il calcio giocato. Quando i riflettori si spengono di colpo, troppi non imparano ad adattare lo sguardo alla penombra della vita normale. Hanno tutto, spesso sono economicamente a posto per la vita, il guaio è che spesso quella vita non la sanno gestire: cadono in trappola con il fisco alcuni, altri si lasciano abbindolare da consulenti senza scrupoli che li convincono a buttarsi in investimenti sbagliati, altri - e forse è il caso di Signori che pare scommetta su tutto anche nella quotidianità - non riescono a rassegnarsi all'adrenalina che non corre più a fiumi ogni giorno come in campo, alla calma piatta talvolta grigia che chiamiamo normalità.
Gli eroi son tutti giovani e belli finché i riflettori sono accesi, finché vivono delimitati tra le righe del campo, dove quando sbagli al massimo sbagli un rigore. Dopo, decadono al rango delle persone qualunque, spesso di scarsa cultura e di nulla esperienza di vita. Molti scompaiono dai notiziari per loro fortuna. Pochi, i migliori, vi ritornano per dare un parere autorevole sul pallone. Altri, troppi altri, purtroppo, diventano carne da cronaca. Ma, in questi casi il più delle volte, sarebbe meglio non venire a sapere dove porta il loro eterno viale del tramonto.
Elisa Chiari