25/04/2013
La gioia dei giocatori del Borussia dopo la vittoria sul Real Madrid (foto del servizio: Reuters).
Nella corsa al calcio
sostenibile, un solo punto di riferimento: la Germania. Conti in ordine,
risultati eccellenti, la spinta dei giovani. E dire che i tedeschi sono
abituati da anni a fare le nozze coi fichi secchi. O forse sarà proprio per
quello che sono riusciti a trovare la giusta quadratura. Il campionato, innanzitutto.
Poche stelle, in Bundesliga, se non quelle del Bayern Monaco. Più bilanci sani
che fuoriclasse in campo.
Ma non solo i campioni fanno schizzare in alto il
termometro dell’appeal. Qualità non eccelsa, seguito da primato. Un paio di
stagioni fa, il sorpasso. Poi il perentorio allungo. La Premier League è alle
spalle, ben distanziata. Ormai la Bundesliga non teme paragoni: è il campionato
più visto, con una media spettatori ben superiore alle 40 mila unità a partita.
Da noi si grida al miracolo per ogni insignificante incremento (siamo
distanziati di circa 15 mila presenze a partita, un’enormità), in Germania
dovrebbero far festa a oltranza.
Contano gli stadi, tra le altre cose.
Imbarazzante il paragone con quelli italiani. Gli impianti di ultima generazione
(autentici gioielli quelli costruiti per il Mondiale, altro che i soldi
sperperati per Italia ’90) prevedono solo posti a sedere che non piacciono a
quelli della curva? Nessun problema. Nella competizioni europee, dove vige
l’obbligo, solo posti a sedere. In campionato, spazio ai tifosi della curva,
quelli che preferiscono stare in piedi. E per di più a prezzi popolari, i più
bassi dell’Europa calcistica più avanzata: 20 euro il prezzo medio, 10 quello
di curva, poco più di 100 un abbonamento nei settori meno costosi.
I tifosi,
prima di tutto. Loro sono i padroni, a loro sono dedicate le attenzioni. Perché
il calcio tedesco, per certi versi, è unico al mondo: le associazioni sportive
sono società di capitale controllate per almeno il 51 per cento dai tifosi.
Così se da un lato non è possibile che accada quel che è successo in
Inghilterra, coi tanti club scalati da imprenditori stranieri, dall’altro i
club non possono che venire incontro alle esigenze della gente, vera
proprietaria del calcio. Il resto viene da sé: vietato sperperare quattrini,
che invece entrano in cassa in gran quantità proprio per l’impressionante
seguito che ha il calcio.
Gli sponsor fanno a gare per imprimere il proprio
marchio
sulle maglie delle squadre tedesche, che ne ricavano oltre 100 milioni di euro,
la cifra più alta in Europa. Lievitano le entrate diminuiscono le uscite: e
tutti i club chiudono i bilanci con utili netti. E se la Bundesliga è alle
spalle della Premier League in fatti di ricavi, il calcio tedesco primeggia in
quanto a utile d’esercizio, di gran lunga il migliore d’Europa. Perché si
spende meno anche per altre voci di bilancio. Prima di tutto gli stipendi dei
calciatori; altrove incidono per il 62-64 per cento dei ricavi, in Germania
solo per il 45 per cento.
Senza dimenticare il calciomercato: nessuna corsa ai
fuoriclasse strapagati (fatta eccezione per Javi Martinez del Bayern Monaco,
mentre il Borussia Dortmund è passato nel giro di pochi anni da club a rischio
fallimento a potenza del calcio europeo acquistando al risparmio gente come
Lewandovski e Goetze, che ora costano un occhio della testa), piuttosto ci si
butta su calciatori di medio livello a prezzo di saldo. E ciò non ha impedito al
Bayern Monaco di disputare 2 finali di Champions League in 3 anni, in attesa
della probabile terza, che potrebbe essere un derby tedesco col Dortmund.
E poi
ci sono i giovani, una miniera d’oro. In cui ha pescato a piene mani la
nazionale (multietnica, oltre che verde). Età media di soli 25 anni (al
Mondiale sudafricano più giovani erano solo Ghana e Corea del Nord), travaso
continuo dalle giovanili (under 21 e under 17 campioni d’Europa in carica) alla
nazionale maggiore. Normale se negli ultimi 10 anni l’età media dei giocatori
autoctoni della Bundesliga è scesa da 28,8 a 25,3 anni e se il 27,5 per cento
dei calciatori del campionato è composto da under 23 di nazionalità tedesca. Un
piccolo grande miracolo. E un esempio da seguire.
Ivo Romano