09/05/2013
Ferguson in campo (Ansa).
Un uomo solo al comando del Manchester United – ManU per gli amici -, con il pastrano blu alla Corto Maltese e i modi ruvidi ma onesti da vecchio marinaio del pallone. Sir Alex Ferguson è stato al timone di una squadra di calcio quanto mai si sarebbe potuto immaginare nel pallone moderno degli allenatori usa e getta, due partite perse tanti saluti e grazie come nel più spietato dei talent show.
La storia di Sir Ferguson, il cui talento oggi nessuno oserebbe mettere in discussione, dimostra però che neppure la sua innegabile abilità s’è espressa nello spazio di un mattino. Ha anche perso all’inizio della sua storia infinita con i diavoli rossi, un quarto di secolo fa. Ma gli è stato dato il tempo di costruire: il problema infatti non è dare a un allenatore una seconda o una terza possibilità, ma il tempo di modellare una squadra.
E non basta un ritiro di un giorno per convincere un gruppo di ragazzi che magari non hanno una direzione ad andare ciascuno a proprio modo dalla stessa parte. Ma molti presidenti non lo capiscono, hanno fretta di vincere, di incassare gli utili, del che calcio aveva già perso la pazienza ben prima dell'era di twitter in cui tutto è veloce.
A Ferguson è stato dato il talento e lui l'ha fatto fruttare a costo di urlare parecchio in faccia ai suoi. Non per caso c’è chi l’ha soprannominato hair dryer, asciugacapelli, per le sventagliate di parole bollenti con cui sa investire i suoi. Senza sconti. Ti chiami Bechkam? Ti chiami Cristiano Ronaldo? Ti credi divo? Fai impazzire la folla? Amen. My way or high way. O fai a modo mio o quella è la porta. Sir Ferguson è e sarà fino a fine campionato anche questo: uno tosto, capace di autoritarismi se fosse necessario.
Figlio di un sindacalista di Glasgow ha conservato un’anima sociale e la passione per la correttezza, a costo di far volare scarpini negli spogliatoi. Accade che nell’agone sia ruvido e franco anche con i tecnici avversari, ma non ha avuto bisogno di copiare dai rugbisti il terzo tempo per dare al calcio una patente di sportività: ha agito con stile, invitando ogni volta, dopo la partita, l'allenatore avversario a condividere un bicchiere di vino nel suo studio.
Un sir sì, ma anche un signore, nel calcio come non sarà più, perché 27 anni di fedeltà a una sola maglia oggi non stanno né in cielo né in terra.
In questo di certo Ferguson resterà un unicum come certifica il monumento in vita che la società gli ha eretto. Comunque vada non ce ne sarà un altro. Se Conrad avesse scritto di calcio anziché di mare e se avesse fatto in tempo a conoscerlo, un condottiero come sir Alex Ferguson non se lo sarebbe lasciato scappare.
Elisa Chiari