02/11/2010
Antonio Cassano e Carolina Marcialis nel guiorno del loro matrimonio a Portofino, il 19 giugno 2010.
Il per niente strano caso di Antonio Cassano, talentuosissimo calciatore scaricato dalla Sampdoria perché colpevole di avere offeso gravissimamente, a parole e a gesti, il presidente Riccardo Garrone che gli voleva imporre la presenza ad una festa di un club di tifosi, rischia di evolversi, di diramarsi, di ripetersi in comportamento abituale e persino logico di tanti altri giocatori fatti troppo ricchi dagli stessi presidenti, oltre che troppo famosi dai media e dai fans, e dunque allergici non solo alla disciplina, ma anche all’educazione, nonché fieramente lontani dal buon senso e dalla saggezza, dalla istruzione e dalla cultura.
In fondo è perfettamente normale che dia i numeri, e non solo in questa occasione, un ventottenne di anagrafe ma non di maturità, uscito da una dura giovinezza in cui gli è mancata la guida di un padre e “precipitato” in una repente ricchezza misurabile a milioni di euro, coccolato come leader ormai “deciso” della Nazionale, sicuro di avere comunque altri club disposti a sopportarlo e strapagarlo pur di godere della sua arte calcistica intermittente ma grande, fiero della sua popolarità che fra l’altro, lo ha detto lui stesso in un suo libro, gli ha concesso di godere dei favori di seicento o settecento donne in sede nazionale e anche internazionale (Spagna: ha giocato nel Real Madrid). Sarebbe anormale il contrario.
Più volte, di fronte ad intemperanze del tipo di questa ennesima storiaccia, definibile come la penultima “cassanata” nel senso che ce ne sarà un’altra, anziché indignarci verso l’autore di esse (pensiamo, e chi non ci pensa?, al caso anzi ai casi Balotelli), ci siamo risparmiati il gioco del moralismo facile e ci siamo solamente ma fortemente chiesti se il tipo “incriminato” come smodato, irriconoscente, presuntuoso, ingestibile eccetera, non fosse invece una persona eccezionale, perché capace di non impazzire del tutto e definitivamente, quando pure esistevano per questo i presupposti, i motivi, le spinte, insomma le buone ragioni.
Ci saranno altri casi simili, sempre più ripetuti, sempre più vistosi. Oppure sempre più occultati, mascherati, ovattati dai club che non vogliono perdere il capitale-giocatore, arma letale in mano al bipede in questione. I calciatori sono ormai sono così ricchi (parliamo degli assi, anche se sono già in troppi ad avere troppo denaro) da permettersi qualsiasi licenza senza nessun timore per il futuro. Licenza formale, licenza sostanziale. Pare che Cassano sia arrivato a dire, ad un certo punto, che manca poco che paghi lui per giocare.
Questo perché 2 milioni e 800.000 euro netti all’anno gli sembrano robetta, e magari lo sono di fronte a possibili superguadagni altrove, e offensiva gli può essere apparsa la proposta sampdoriana di allungargli sì il contratto sino al 2015, come da sua richiesta, però riducendo la cifra annuale a 2 milioni e mezzo. E visto che tiene famiglia, con matrimonio fresco e con figlio in arrivo, ha fatto intendere, nel corso di un tentativo di farsi perdonare dal club, problemi probabilmente psicofisici della moglie, dei quali l’empio club non avrebbe tenuto conto.
Irrealtà totale, stando ai parametri comuni. Realtà inevitabile, stando ai parametri del calcio, di un certo calcio. Con Cassano più sincero, se vogliamo persino più “onesto” di altri: perché rischia, sbraita, si mette dalla parte del torto quando un lavativo avrebbe saputo sfruttare anche il “sacrificio” di farsi premiare da quel club di appassionati.
Intanto che la Sampdoria ha vinto a Cesena senza Cassano, i tifosi di Juventus, Inter e Fiorentina hanno cominciato a sognare che a gennaio, quando si riapre il mercato, lui indossi la maglia della loro squadra amatissima.
Gian Paolo Ormezzano