31/08/2010
Adesso che le elezioni anticipate appaiono scongiurate, il Governo s’appresta a portare in Parlamento un’agenda di cinque punti su cui chiedere la fiducia. Il piatto forte, naturalmente, è la giustizia. O meglio, il “processo breve” che, per renderlo meno indigesto all’opinione pubblica, si chiamerà “processo in tempi ragionevoli”. E che avrà una corsia preferenziale, grazie a risorse e investimenti straordinari. Da reperire, a ogni costo, sia pure in tempi di ristrettezze.
Ma a settembre, con la ripresa scolastica, le famiglie avranno altre priorità: lavoro e lotta alla povertà, innanzitutto. Le fabbriche riaprono i cancelli, ma circa cinquecentomila posti sono a rischio. E qualche azienda, da subito, non aprirà nemmeno i cancelli. Al ministero dello Sviluppo, dove da mesi si è in attesa di un nuovo ministro, più di duecento tavoli di crisi sono aperti. E non se ne vede la soluzione.
Sul fronte della famiglia, dopo tante promesse e qualche timida apertura sul quoziente familiare, tutto s’è arenato. Per i politici il benessere della famiglia non è bene prioritario, ma merce di scambio, in una logica mercantile che mira a interessi di parte e non al bene comune. A ricordarci questo disinteresse, che ha radici lontane e riguarda tutti i partiti, è il ministero dell’Economia. L’Italia è la cenerentola d’Europa, fanalino di coda nel sostegno alle famiglie. Dedica alla spesa familiare solo l’1,4 per cento del Prodotto interno lordo, contro una media europea del 2,1 per cento e punte del 3,7 in Danimarca. Nel welfare familiare ci superano Paesi come Cipro, Estonia e Slovenia. Peggio di noi fanno solo Malta e Polonia.
La Francia, che potrebbe esserci d’esempio, ha invertito il declino demografico con una politica amica della famiglia e dei bambini. Con servizi e sussidi alla maternità, asili nido, sgravi fiscali per baby-sitter, agevolazioni sugli affitti per le case degli studenti e sconti sui treni per famiglie numerose. I tagli e i risparmi si fanno altrove, su privilegi e sprechi della casta. Non sulla famiglia.
Il mancato investimento sulla famiglia blocca anche la ripresa e la crescita economica. Ne è convinto Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, che propone un patto a livello europeo, che vincoli i Paesi dell’Unione a destinare il 3 per cento del Pil alle famiglie; che obblighi i Governi a investire nelle politiche di accesso dei giovani al lavoro (rapido, stabile e ben remunerato); e che permetta alle famiglie di dedurre le spese per la formazione dei figli. Ricorda il presidente dello Ior: «I figli producono crescita, ricchezza e risparmi. La famiglia che forma i suoi figli e assiste i suoi anziani fa welfare, con meno costi per lo Stato. Non capire questo è stato un grave errore economico, cui si aggiunge quello morale: la tendenza progressiva a scoraggiare la famiglia tradizionale». Altro che “processo breve”. O meglio, “in tempi ragionevoli”.