01/06/2010
Un mezzo corazzato israeliano durante l'operazione Piombo fuso, condotta da Israele nella Striscia di gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 17 gennaio 2009 (foto Ansa).
Il nostro Paese si assuma la responsabilità di un gesto forte: interrompa immediatamente e senza eccezioni il commercio d’armi con Israele. A chiederlo è la Rete italiana per il disarmo, il coordinamento cui fanno riferimento oltre 30 organismi impegnati nel campo del controllo dell’industria bellica.
“Nel corso degli ultimi due anni, in questo specifico settore, le vendite autorizzate verso il Governo di Gerusalemme hanno superato complessivamente i due milioni di euro”, spiega Giorgio Beretta, analista della Rete italiana per il disarmo, “e hanno riguardato in particolare armi di calibro superiore ai 12,7 millimetri, aerei, sistemi d’arma a energia diretta e apparecchiature elettroniche. Tra le imprese coinvolte in queste operazioni di vendita troviamo Simmel Difesa, Beretta, Northrop Grumman Italia, Galileo Avionica, Oto Melara ed Elettronica spa”.
Non è tutto. “Non va dimenticato che importiamo anche armi da Israele e molte: negli ultimi due anni superano il valore complessivo di 50,7 milioni di euro, la qual cosa ne fa il quarto fornitore del nostro ministero della Difesa”, prosegue Giorgio Beretta: “La Simmel, ad esempio, importa componenti per bombe e la Beretta componenti per armi automatiche, come particolari modelli di pistole e di mitragliatori”. C’è infine un altro punto importante. “Si tratta dell’Accordo bilaterale di cooperazione militare che il Parlamento ha ratificato nel maggio 2005, durante la precedente legislatura guidata dal Governo Berlusconi”, sottolinea Beretta. “Come gli altri, anche quello con lo Stato di Israele definisce in termini generici la cornice della cooperazione militare nei seguenti aspetti: misure per favorire gli scambi nella produzione di armi, trasferimento di tecnologie per la produzione di armamenti, formazione ed addestramento, manovre militari congiunte, peacekeeping. Il risultato finale è ovviamente quello di facilitare la collaborazione dell'industria per la difesa italiana con quella israeliana rendendo però più difficile il controllo degli armamenti e favorendone la proliferazione”.
“Se finora ai nostri Governi va riconosciuta una certa attenzione e un’oggettiva cautela nel procedere a vendite ufficiali nei confronti di Israele, l’accordo bilaterale di cooperazione militare crea un’area grigia, se non proprio un buco nero, sottratto al controllo del Parlamento e dell’opinione pubblica, perché agli interscambi militari adottati in base a quell’accordo si applicano esami meno rigorosi. Proprio per questo chiediamo che anche questo accordo di cooperazione militare con Israele venga sospeso. L’Italia in base all’articolo 11 della Costituzione non può permettersi cooperazioni militari bilaterali non avvallate da organismi internazionali come le Nazioni Unite e men che meno in aree “calde” come la Palestina, in cui succedono eventi luttuosi e gravi come il sanguinoso attacco alla Freedom flotilla”.
Alberto Chiara