25/03/2011
Non si può dire che stia sgretolandosi, ma - certo - il muro di paura, ignoranza e sfiducia sta registrando le prime, vistose crepe
. Elaborato dall’Iref (Istituto di ricerche educative
e formative), il Rapporto 2010 dell'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, creato dal Governo, ha reso noto che l'anno scorso sono state complessivamente raccolte 766 segnalazioni: nel 2009 erano state 373. La tendenza all'aumento delle denunce è confermata dall'ulteriore incremento del 40 per cento che si è
registrato dal primo gennaio al 14 marzo 2011 rispetto allo stesso
periodo del 2010. Dai dati risulta che le vittime nel 63,4 per cento dei casi sono straniere: più uomini che donne, più adulti che giovani, la maggior parte operai o
impiegati.
E un 10 per cento di segnalazioni riguarda discriminazioni non razziali ma di genere oppure di orientamento sessuale o religioso.
Chi segnala gli atti di discriminazione? Ben 222
vittime e 108 testimoni nel 2010 si sono rivolti in prima persona all’Ufficio
nazionale anti-discriminazioni razziali (Unar), con una prevalenza di uomini
tra i 35 e i 64 anni. E quasi una segnalazione su 4 (23,3 per cento delle vittime)
riguarda persone straniere originarie dell’Europa orientale e dei Balcani,
mentre quelle riguardanti immigrati nativi dell’Africa del Nord sono il 20,9 per cento.
Se le vittime straniere sono il 63,4 per cento, mentre il 9,7 per cento è composto da persone di
origine straniera che hanno la cittadinanza italiana, ben l’82,2 per cento dei testimoni
di discriminazione è italiano.
Tracciando l'identikit di coloro che si sono rivolti all'Unar nel 2010 per segnalare discriminazioni, il Rapporto evidenzia come, sia tra le vittime che tra i testimoni, la maggioranza sia sposata (rispettivamente, il 50,8 per cento e il 48,1 per cento) e con un titolo di studio medio-alto: «Tra le vittime, il 40,6 per cento ha un diploma di scuola superiore, il 38 per cento ha avuto un percorso di studi di tipo universitario: i laureati sono il 32,1 per cento», anche se «la maggior parte delle vittime è impiegata come operaio (25,7%), mentre gli impiegati sono il 23,6%», fanno notare i ricercatori dell'Iref, commentando i dati. Tra i testimoni, sale la quota di coloro che svolgono lavori non manuali (42,2 per cento); molti anche i disoccupati (24,1%), soprattutto donne.
Inoltre,
se si considerano esclusivamente le segnalazioni delle vittime, tra gli uomini emerge «una prevalenza di casi di discriminazione diretta; invece tra le donne risulta più frequente «l’aggravante delle molestie (23,1 per cento)». Tra i giovani con meno di 35 anni, inoltre, è stata verificata «una prevalenza di discriminazioni relative all’erogazione di servizi da parte di enti pubblici (16 per cento), mentre tra gli adulti più numerose sono le discriminazioni relative al lavoro»: poco meno di una su 4. I cittadini stranieri, nel 26,3 per cento dei casi, hanno subito discriminazioni nell’accesso alla casa.
Infine, la maggioranza delle vittime ha una carta di soggiorno (53,9 per cento). E complessivamente «la propensione alla denuncia sembra interessare gli individui con una condizione giuridica che offre loro maggiori garanzie: scarsa è difatti la presenza di denunce fatte da persone con titoli di soggiorno temporanei», nota l'Iref nel Rapporto Unar 2010, precisando: «Anche il tempo di permanenza in Italia conferma che la propensione alla denuncia è maggiore tra le persone con una condizione sociale maggiormente stabile: le vittime, nella maggior parte dei casi, sono in Italia da più di 5 anni: da 6 a 10 anni il 35,3 per cento; da 11 a 20 anni il 33,5 per cento».
RedattoreSociale.it