L'amico degli invisibili

Nel 2006 Gabriele Del Grande fonda Fortress Europe, l’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione, che richiama l'attenzione su chi attraversa deserto e mari. Finendo spesso per morire.

24/03/2011
Gabriele Del Grandeè nato a Lucca nel 1982 e si è laureato a Bologna in Studi orientali. Viaggiatore, giornalista e scrittore collabora con varie testate.  Nel 2006 ha fondato l’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione Fortress Europe.
Gabriele Del Grandeè nato a Lucca nel 1982 e si è laureato a Bologna in Studi orientali. Viaggiatore, giornalista e scrittore collabora con varie testate. Nel 2006 ha fondato l’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione Fortress Europe.

 

C’è chi scruta il Mediterraneo ma è non è un marinaio, un poliziotto o un funzionario dell’Onu. Lo fa da tempo. Lo fa con scrupolo. Lo fa con il cuore e non solo con gli occhi. Quel che sa, lo dice. Meglio: lo scrive. Toscano di nascita, "viaggiatore" (così si definisce), ma anche e soprattutto appassionato scrittore, Gabriele Del Grande ha fondato nel 2006  Fortress Europe, Fortezza Europa, il blog nato con lo scopo di registrare puntigliosamente tutti gli episodi di naufragio, scomparsa, arresto, violenza subita e, purtroppo, morte che hanno come protagonisti gli immigrati che tentano di attraversare il Mediterraneo, e che durante il viaggio perdono la speranza se non addirittura la vita.

“Quattro anni di viaggi lungo i confini dell’Europa”, recita la pagina di apertura del blog (fortresseurope.blogspot.com). “Alla ricerca delle storie che fanno la storia. La storia che studieranno i nostri figli, quando nei testi di scuola si leggerà che negli anni Duemila morirono a migliaia nei mari d’Italia e a migliaia vennero arrestati e deportati dalle nostre città. Mentre tutti fingevano di non vedere”. Gabriele Del Grande ha deciso di andare a vedere, verificare, registrare i dati, raccontare con reportage e inchieste la strage silenziosa che sta avvenendo nel Mediterraneo, e anche oltre, lungo le “rotte” del deserto sahariano. «Una strage», dice, «dovuta a questo singolare assalto alla “Fortezza Europa” e alle sue alte mura della non accoglienza, che respinge non dei conquistatori ma queste decine di migliaia di persone che scappano da guerre, fame e dittature».

«Il blog», spiega, «è diventato un punto di riferimento sui temi dell’immigrazione. Abbiamo ormai da 500 a 600 mila visite l’anno. Vi si trova la cronologia precisa di tutti gli episodi di violenza, naufragio, affondamento, detenzione degli immigrati». Sono 15.656 (a fine 2010) le vittime censite dal giovane scrittore lucchese, di cui 6.566 dispersi. Le storie, i volti, le inchieste, invece, Del Grande li racconta nei documentari e nei reportage di ogni spedizione che effettua. E nei libri: “Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo” (2007), “Roma senza fissa dimora” (2009), “Il mare di mezzo. Al tempo dei respingimenti” (2010, tutti editi da Infinito edizioni), nei quali ha raccolto il lavoro di questi anni alla ricerca di questi “invisibili” che sarebbero scomparsi nel silenzio.

Del Grande parla da Lampedusa, alla vigilia del nuovo viaggio che lo porta in Libia, a Bengasi, oggetto del diario di questi tribolati giorni di guerra. «Qualche settimana fa sono andato in Egitto per cercare di capire cosa sta succedendo. Ma dopo pochi giorni ho deciso di spostarmi a Lampedusa, perché nel frattempo stava iniziando l’arrivo massiccio delle imbarcazioni tunisine con migliaia di profughi».

Che cosa ha tratto dai tanti colloqui avuti? «I ragazzi arrivati dalla Tunisia non sono criminali, né sono gli ex funzionari del regime di Ben Ali. Per lo più sono giovani che da mesi si trovano senza lavoro perché i moti di protesta hanno paralizzato il turismo. Molti si sono messi in mare proprio perché disoccupati, altri perché contagiati dall’entusiasmo collettivo di poter salire su una barca e partire. Qualcuno se n’è già pentito. Una cosa è certa: quasi tutti hanno espresso il desiderio di raggiungere la Francia, dove hanno già parenti e amici».

E tornando alla Libia? «Beh, ora si spara, si combatte, si scappa verso i confini o verso i Paesi limitrofi. In queste condizioni non si organizzano le barche per attaversare il Mediterraneo. Nei prossimi giorni, chissà. La situazione è davvero molto delicata e pericolosa. E del tutto imprevedibile».

Cosa sta cambiando nella politica del nostro Governo? Fino all’altro ieri c’erano solo i respingimenti. Oggi, si accoglie… «Quello che sta cambiando dipende dal fatto che stanno finendo sotto accusa proprio gli accordi con la Libia, e le normative dell’Unione Europea stanno rendendo illegittimi interi pezzi della Bossi-Fini, che spero presto diventi solo un brutto ricordo.  La nuova direttiva dell’Ue sui rimpatri (entrata in vigore a dicembre anche in Italia) sta dando risultati: sono già diversi i casi nei quali i magistrati hanno deciso di archiviare le inchieste aperte per i reati di inottemperanza all’ordine di espulsione. Non solo. A Siracusa è in corso un processo per violenza privata a danno di 75 somali respinti in Libia. Alcuni ufficiali della Guardia di Finanza sono stati rinviati a giudizio perché non c’è nessuna legge che autorizzi una motovedetta italiana a riportare in un Paese terzo cittadini fermati in acque internazionali. E un altro importante processo verrà celebrato alla Corte europea per il respingimento di 24 eritrei per il fatto che la Carta europea dei diritti dell’uomo vieta le espulsioni collettive e riconosce il diritto d’asilo politico».

Luciano Scalettari
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