11/05/2013
Un F-35 in ricognizione. La vignetta pubblicata nella foto di copertina è del disegnatore Mauro Biani Zoff.
L’Italia ha davvero bisogno di 90 esemplari di cacciabombardiere F-35? La domanda non è nuova, ma è inevitabile porla ancora una volta. E non solo per il costo, 12 miliardi di euro (senza contare le spese di manutenzione) – scandaloso in tempo di crisi economica profonda, di picco di disoccupazione giovanile, di quattro milioni di italiani sotto il livello di povertà, di decine di aziende che chiudono ogni giorno – che il nostro Paese spenderebbe per l’acquisto dei velivoli da guerra, ma anche per i problemi sempre nuovi che lo stesso aereo presenta ogni giorno che passa.
Le brutte novità arrivano questa volta dalla Gran Bretagna. Secondo un rapporto del National Audit Office, l’organismo indipendente del Parlamento britannico che ha il compito di monitorare l'attività del governo, gli F-35 presenterebbero problemi non da poco nell’atterraggio in particolari condizioni climatiche, cioè «con una temperatura calda, umida e caratterizzata da bassa pressione», come recita il rapporto dell’organismo di controllo inglese. La notizia è stata divulgata dal Guardian, e il ministero della Difesa del Regno Unito si è affrettato a chiarire che si tratta di difetti che saranno risolti prima che i caccia entrino in uso, nel 2020.
Ma non la prima volta che vengono segnalate anomalie di funzionamento dell’F-35 che – ricordiamolo – si tratta finora dell’aereo più costoso di tutti i tempi.
Già nel marzo scorso una serie di difetti era stata messa in evidenza dalla Difesa degli Stati Uniti, attraverso una relazione che evidenziava difficoltà, tra l’altro, nella visibilità posteriore del velivolo (che per un aereo da combattimento non è cosa da poco), nei display posti nel casco dei piloti, e anche nel radar, talvolta incapace di individuare e inquadrare i bersagli. Il documento del Pentagono elencava 8 «gravi aeree di rischio» da risolvere.
Il progetto continua a creare polemiche, non solo negli Stati Uniti ma anche in tutti i Paesi coinvolti nell'operazione, tanto che diversi di loro hanno sollevato perplessità o fatto parziale marcia indietro rispetto all’adesione al progetto. Precisamente sette su nove: Olanda, Australia, Canada, Turchia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna.
Finora vanno avanti senza tentennamenti solo Stati Uniti e Italia. Finora, appunto.
Se non bastassero i dubbi sulla colossale spesa da sostenere e quelli sull’opportunità di dotarsi di un caccia dalle caratteristiche spiccatamente offensive – tanta parte della società civile considera il progetto di acquisto degli F-35 in contrasto con la nostra Costituzione (che all’articolo 11 «ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali») – ora il neonato governo Letta ha un’altra questione su cui riflettere: oltre a tutto, questi aerei sembrano pure funzionare male. Valgono 12 miliardi di euro?
Luciano Scalettari
a cura di Pino Pignatta