21/06/2011
L'onorevole Jean Leonard Touadi, deputato del Pd.
«A Pontida, domenica 19 giugno il ministro dell'Interno Roberto Maroni offre sull’altare del popolo
leghista queste nuove sofferenze inflitte agli stranieri immigrati». Non usa
mezzi termini Jean Leonard Touadi, il giornalista originario del Congo oggi
deputato del Pd. FamigliaCristiana.it ha incontrato Touadi alla 17° edizione del
Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, in corso in questi giorni a
Riccione.
- Onorevole, il ministro Maroni ha dichiarato che il decreto
legge che prolunga da 6 a 18 mesi il periodo massimo di detenzione nei Centri
di identificazione ed espulsione (Cie) è una norma in linea con la normativa
Europea sulla materia. È così?
«No, non è così. Il ministro dimentica di dire che l’Italia
ha il dovere di recepire la normativa europea e non l’ha ancora fatto. In ogni
caso, la cosiddetta interpretazione che consentirebbe al governo di prolungare
il trattenimento nei Cie è fuorviante».
- Perché?
«La Legge Comunitaria ammette la detenzione come soluzione
estrema, quando tutte le altre tappe e provvedimenti sono stati esperiti. Lo
spirito e la lettera della legge europea è garantista e prevede la limitazione
della libertà personale nei confronti degli irregolari per il minor tempo
possibile e solo nel corso della procedura di rimpatrio. Una situazione ben
diversa da quella italiana, dove nei confronti degli immigrati si stanno
sospendendo i diritti democratici e si violano i diritti umani più elementari».
- Sono parole forti, onorevole Touadi. Può essere più
preciso?
«Tre giorni fa ho visitato il Cie di Palazzo San Gervasio,
in provincia di Potenza. Ci sono 57 tunisini. Detenuti in una struttura fatta
di tende rinchiuse dentro alte mura di cemento innalzate in mezzo al nulla. In
che condizioni si troveranno a vivere fra pochi giorni, quando la temperatura
arriverà a 35 gradi? È impossibile stare sotto le tende, e fuori hanno solo uno
spiazzo vuoto di terra battuta. Ci sono 8 bagni e 8 docce. I Cie stanno
sorgendo come funghi in tutto il Paese».
- Si tratta di cittadini tunisini giunti in Italia dopo la
“finestra” che il Governo aveva concesso per accogliere i richiedenti asilo?
«Certo. Questi 57, come tanti altri, hanno avuto la sfortuna
di arrivare a Lampedusa pochi giorni dopo gli altri. Agli altri è stato dato il
permesso di soggiorno. Questi, che ho incontrato a Palazzo San Gervasio,
chiedono: “Perché noi no?”. Quando domandavo loro di cosa avessero bisogno,
rispondevano soltanto: “Libertà”».
- Lei ha parlato di “provvedimento a orologeria”. Perché?
«Ancora una volta la Lega, con le elezioni andate male, i
sondaggi al ribasso e la base in subbuglio utilizza i migranti come strumento
per uscire da una propria crisi. I Cie sono semplicemente luoghi indegni di
questo Paese, peraltro dichiarati illegali dalla Corte di Giustizia Europea,
che si è pronunciata al riguardo solo due mesi fa».
- Perché parla di sospensione dei diritti democratici?
«Perché a questi stranieri viene impedito persino di vedere
un avvocato, né possono scegliersi un legale di fiducia. In quale Paese
democratico avviene una cosa del genere? Centinaia di immigrati vengono reclusi
o espulsi senza che abbiano potuto fare la richiesta di asilo politico o di
protezione umanitaria. Dove altro avvengono cose del genere, nelle democrazie
occidentali? Il ministro Maroni ha reintrodotto la possibilità dell’espulsione
immediata degli immigrati irregolari, quando la magistratura, sulla base delle
norme europee, aveva emesso numerose sentenze secondo le quali può essere
emesso soltanto il “foglio di via”. Siamo daccapo. La domanda d’asilo politico
o umanitario può essere rifiutata, ma prima dev’essere formulata ed esaminata.
L’espulsione immediata rende impossibile il rispetto dei diritti d’asilo di
persone che possono provenire da situazioni di guerra, di persecuzione politica
o religiosa, o da realtà di fame e miseria estrema. Anche difendere queste
persone è difendere la vita. Di chi è già nato».
- Lei si è fatto promotore, con altri parlamentari, della
richiesta che si consenta ai giornalisti di vedere quello che accade dentro ai
Cie, ma ancora non ci è permesso d’entrare.
«Sta bellamente violando l’articolo 21 della nostra Costituzione, ovvero la libertà di stampa. Assolutamente
inaccettabile».
Luciano Scalettari