20/06/2011
Un gruppo di somali appena arrivati nel campo profughi di Dadaab, nel Kenya nordorientale, viene istruito sulle regole da seguire all'interno del centro (foto: Ansa).
La maggior parte dei rifugiati, quasi il 75 per cento, è accolta dai Paesi poveri. Un ulteriore “carico” sociale che va ad aggiungersi a quello di una situazione di scarsità di risorse e di sottosviluppo.
Un’accoglienza, quindi, che genera ripercussioni sociali ed economiche. Il “peso” dei profughi ricade sui paesi ospitanti: secondo i dati diffusi dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, ad esempio, il Pakistan ha 710 rifugiati per ogni dollaro del suo Prodotto interno lordo (Pil), il Congo 475 e il Kenya 247.
Per fare un confronto, la Germania (che è il Paese industrializzato con la maggior popolazione di rifugiati, 594 mila) ha soltanto 17 rifugiati ogni dollaro di Pil.
In Italia i rifugiati sono 56.397, gli apolidi (ossia rifugiati senza nazionalità) 854, i richiedenti asilo invece ammontano a 4076 unità. Per quanto riguarda il nostro Paese, il Rapporto dell’Hcr parla «di cifre contenute, in termini sia assoluti che relativi, rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea». Per dare qualche dato di raffronto, in Danimarca, Olanda e Svezia i rifugiati sono tra i tre e i nove ogni 1000 abitanti, in Germania oltre sette, nel Regno Unito quasi 4. L’Italia ne ospita meno di uno ogni mille abitanti.
Per quanto riguarda l'Europa orientale, il Paese che si fa carico attualmente del maggior numero di rifugiati è la Serbia, con 275 mila persone (ed è al 13° posto nel mondo). Secondo Eduardo Arboleda, capo dell'Ufficio Hcr in Serbia, a 15 anni dalle fine delle guerre balcaniche, più di 73 mila rifugiati vivono al di sotto della soglia di povertà, e servirebbero tra 500 e 600 milioni di euro per far fronte adeguatamente ai loro bisogni.
Luciano Scalettari