03/07/2012
le fotografie di questo servizio, copertina inclusa, sono dell'agenzia Reuters.
Il negoziato è entrato nel vivo. Martedì 3 luglio, nel quartier generale delle Nazioni
Unite, a New York, è cominciato il round finale per il Trattato sul commercio
internazionale delle armi.
Esistono infatti norme universali che regolano
ogni comparto del commercio, da quello dei cereali alla rubinetteria,
ma nessuno mai aveva pensato di intervenire su un aspetto così
delicato e vitale.
Il commercio delle armi vale più di 60
miliardi di dollari e alimenta conflitti, violenza,
corruzione. A causa di ferite da arma da fuoco muore in media una
persona al minuto, mentre sono migliaia i mutilati e i feriti ogni
giorno.
«In Siria e nella regione dei
Grandi Laghi in Africa, il mondo assiste ancora una volta al
terribile costo umano di un commercio delle armi irresponsabile e non
trasparente. Perché milioni di persone devono ancora essere uccise
prima che i leader mondiali si sveglino e prendano decisioni per
mettere davvero sotto controllo gli scambi internazionali di armi?», afferma Brian Wood di Amnesty International.
La Coalizione per il Controllo delle
Armi - di cui fanno parte Amnesty International, Oxfam e altre
organizzazioni di oltre 125 Paesi - ha manifestato lunedì 2 luglio a New York e
avverte: un fallimento del Trattato sulle armi non possiamo proprio
permettercelo. «Abbiamo la storica opportunità
di rendere il mondo un luogo più sicuro; questo Trattato può essere
lo strumento per porre limiti a un commercio del tutto fuori
controllo», dice Anna Macdonald di Oxfam. «Dal Congo alla Libia,
dalla Siria al Mali, si assiste a un’infinita teoria di violenza e
distruzione. Nelle prossime settimane i negoziatori alle Nazioni
Unite possono cambiare il mondo o decidere un altro fallimento».
Attualmente non esistono trattati vincolanti a livello globale che regolino il commercio di armi convenzionali, mentre vuoti e lacune permangono nelle legislazioni nazionali e regionali. Per essere efficace, il Trattato sul commercio delle armi deve richiedere ai Governi di regolamentare in modo severo la vendita e il trasferimento di tutte le armi, munizioni e delle attrezzature utilizzate per operazioni militari e sicurezza interna: dai veicoli corazzati ai missili, dai velivoli alle piccole armi, dalle granate alle munizioni. Ai Governi deve essere richiesto di valutare con molta attenzione il rischio prima di autorizzare un trasferimento internazionale di armi o una transazione. Dovrebbero inoltre rendere pubbliche tutte le autorizzazioni e i trasferimenti.
Amnesty International sottolinea come i “Sei Grandi” fornitori di armi – Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Stati Uniti – abbiano come clienti i Governi repressivi in tutto il mondo, nonostante il rischio che le armi siano usate per commettere gravi violazioni dei diritti umani. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno fornito armi a Egitto e Bahrein. La maggior parte dei Governi vuole un Trattato forte entro il 27 luglio, ma alcuni Stati hanno provato a indebolire le regole. Stati Uniti, Cina, Siria ed Egitto si sono detti contrari a regolare anche il commercio delle munizioni; la Cina vuole escludere dal trattato le piccole armi e i “regali”, mentre diversi governi del Medio Oriente sono contrari ai criteri adottati dal Trattato in tema di diritti umani.
Gabriele Salari