14/02/2011
Disboscamento nelle terre degli Awà, in Amazzonia (foto: Peter Frey, Survival).
Nel 2009 la tribù nomade degli Awá, che vive in Amazzonia, è stata vittima di una deforestazione più ampia di qualsiasi altro territorio indigeno di questa parte del mondo. La notizia arriva dall'organizzazione Survival international (www.survival.it), che dal 1969 aiuta i popoli indigeni a proteggere le loro vite, le terre e i fondamentali diritti umani.
Gli Awá sono un piccolo popolo dello stato amazzonico del Maranhão, una delle ultime due tribù di cacciatori-raccoglitori nomadi rimaste in Brasile. Le loro foreste natali sono state aperte a progetti industriali e allevamenti di bestiame. Molti Awá nomadi sono morti non appena entrati in contatto con la cosiddetta società "civilizzata", soprattutto a causa di malattie comuni verso cui non avevano difese immunitarie. Altri sono stati uccisi in massacri brutali ordinati da trafficanti senza scrupoli che hanno disboscato le loro terre per aprirvi allevamenti di bestiame.
Questo perché, durante gli anni ‘70, furono scoperti nella regione enormi giacimenti di ferro. I ritrovamenti portarono alla nascita del Programma Gran Carajás, un progetto di sviluppo finanziato dalla Banca Mondiale (e purtroppo anche dall'Unione Europea) che prevedeva, tra l'altro, la costruzione di una miniera e di una ferrovia. Dunque, le terre degli Awá e di altri popoli indigeni subirono un’invasione senza precedenti e nel loro territorio fu costruita una linea ferroviaria per collegare la miniera alla costa.
Survival è entrata in possesso di un dossier stilato dal dipartimento del Governo brasiliano per gli Affari indiani (Funai), secondo il quale il 31% delle foreste del territorio degli Awá è stato tagliato illegalmente. Oggi circa 360 Awá già già venuti in contatto con la società vivono suddivisi in quattro comunità e dipendono ancora totalmente dalla loro foresta.
Altri restano isolati. Alcuni piccoli nuclei familiari sono costantemente in fuga, nascosti negli ultimi lembi della foresta pluviale del Maranhão, soggetta a un rapidissimo disboscamento.
Altri gruppi invece, composti di circa 60-100 individui, vivono all’interno della riserva di Araribóia, oggi invasa in modo massiccio dai taglialegna: continuano a mantenere il loro isolamento, ma rischiano di vedere il loro ultimo rifugio distrutto. Alcuni Awá hanno smesso di cacciare del tutto perché si sentono minacciati dai taglialegna al lavoro nelle vicinanze.
Secondo un antropologo brasiliano, la tribù sta rischiando il genocidio e un funzionario del Funai ha dichiarato alla televisione brasiliana "Globo" che si estingueranno presto se le autorità non interverranno con urgenza.
Il contatto con gli stranieri potrebbe avere effetti devastanti per questi popoli che, a causa del loro isolamento, non hanno sviluppato difese immunitarie verso le più comuni malattie, e per questo sono vulnerabili. Spesso accade che, nell'anno che segue il primo contatto, il 50 per cento della tribù sia annientata da malattie come il morbillo e l’influenza. La popolazione dei Matis, per esempio, si è dimezzata: le malattie importate dagli invasori hanno sterminato i suoi giovani, gli anziani e anche gli sciamani.
La legge brasiliana impone la protezione della terra awá, ma le autorità non sono intervenute. «Quella che si sta compiendo sotto i nostri occhi è un’autentica tragedia», spiega Stephen Corry, direttore generale di Survival International, «e la causa è semplicemente la totale mancanza di intervento da parte delle autorità brasiliane, che hanno l’obbligo di rispettare la legge e proteggere la terra della tribù».
Pino Pignatta
Un indigeno Awá fotografato nell'aprile 2000 (foto: Fiona Watson, Survival).