04/12/2012
Foto Ansa. La fotografia di copertina, scattata a Torino, durante il raduno nazionale dei Bersaglieri svoltosi nel 2011, è di Paolo Siccardi/Sync.
Quanta fretta per la riforma delle Forze Armate. Potrebbe arrivare al voto della Camera il 4 (oggi) o il 5 dicembre il disegno di legge che ridisegna l’intero nostro apparato della Difesa. Attraverso un iter, però, con tempi da record e un testo che delega, di fatto, ogni decisione al ministro della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo di Paola. Ossia, la Difesa decide come riformare se stessa.
Le associazioni per la pace e il disarmo sono insorte, e la società civile lancia un appello al Parlamento perché non passi una norma che apre la strada all’acquisto di nuovi e costosi armamenti, che verrebbero decisi senza un vero controllo del Parlamento.
«I deputati della Commissione Difesa hanno battuto ogni record», dice Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. «In soli 75 minuti hanno approvato il disegno di legge. Hanno preso il testo uscito dal Senato e in quattro e quattr’otto lo hanno passato all’Aula di Montecitorio che lo ha già iscritto all’ordine del giorno per il 4 o 5 dicembre. Tempo totale dedicato? Otto ore e 40 minuti. In pratica una sola giornata di lavoro per fare quella riforma delle Forze Armate che non hanno fatto negli ultimi 20 anni».
«Come mai tanta fretta?», si chiede ironicamente Lotti. «Avete mai visto i parlamentari precipitarsi in questo modo dinanzi al dramma della povertà, della disoccupazione, dell’esclusione sociale, della corruzione o delle mafie? No. Queste cose si fanno solo per gli F35 e per la potente lobby del complesso militare-industriale».
Già, come mai tanta fretta? Come mai il Parlamento rinuncia alle proprie prerogative in una materia tanto delicata delegando la realizzazione delle norme attuative al ministro?
«Perché manca pochissimo alla fine della legislatura e l’ammiraglio Di Paola pretende di scrivere lo stesso anche i decreti attuativi. Si teme il risultato delle prossime elezioni e il Parlamento si fa da parte», insiste il coordinatore della Tavola della Pace. «I militari pretendono di decidere da soli come riorganizzare le forze armate. Non so voi, ma io lo considero uno scandalo insopportabile. A nulla sono valsi gli inviti a precisare e migliorare il testo della delega. A nulla sono valsi i nostri appelli al buon senso e le nostre osservazioni puntuali».
In commissione Difesa l’unica opposizione è venuta dall’Italia dei Valori. Cosa succederà in aula? Tutti i partiti, destra e sinistra, saranno d’accordo?
La Rete Italiana Disarmo punta il dito su alcuni aspetti inquietanti del disegno di legge: «Quella che serve a comprare nuovi, sofisticati, inutili e soprattutto costosi armamenti», dice il coordinatore Francesco Vignarca. Se sarà votata, questa legge salverà «da qualsiasi possibile blocco le decine di acquisizioni di sistemi d’arma già in corso (una su tutte i costosissimi e problematici F35), per la gioia dell’industria bellica che così si vede confermati fondi presenti e futuri».
Contestatissima la delega al ministro per le norme attuative: «Non permette un controllo completo da parte parlamentare», aggiunge Vignarca, «perché la decisione finale su molti aspetti, che possono sembrare di dettaglio ma non lo sono, alla fine spetterà al Governo. Anzi, il ministro-ammiraglio Di Paola riuscirà nel suo intento (dimostrato fin dal suo insediamento) di ridisegnare le Forze Armate secondo la sua prospettiva. E ottenendo un risultato impossibile ad altri: in tempi di spending-review un militare riformerà il comparto militare, come non è dato fare per gli insegnanti e gli studenti sulla scuola, o per i pensionati sulle pensioni, o per medici e pazienti sulla sanità».
«Tale solerzia non si è vista nemmeno in altre questioni riguardanti gli armamenti», spiega Giorgio Beretta, analista di Rete Disarmo e Opal, «tanto è vero che, nonostante nostre numerose sollecitazioni, da anni le Camere non discutono i dati sull’export militare italiano. Eppure le nostre armi finiscono nei luoghi più caldi della terra alimentando conflitti cruenti e sanguinosi. Non sarebbe il caso di capire se tali vendite siano davvero allineate alle nostre intenzioni e alla nostra politica estera, oltre che al diritto internazionale e ai diritti umani di molte popolazioni del globo?».
Secondo il Rapporto 2013 della campagna Sbilanciamoci in tre anni, il ministero della Difesa aumenterà del 5,3% le proprie risorse, pari a più di un miliardo di euro. «L’aumento», scrive Sbilanciamoci, «è superiore ai tagli previsti dalla Spending Review per il ministero: 236,1 milioni nel 2013, 176,4 milioni nel 2014 e 269,5 milioni di euro nel 2015».
«Come a dire», sottolinea Beretta, «i sacrifici facciamoli fare alle famiglie, alla scuola, agli enti locali. Proprio in questi giorni le amministrazioni cittadine si sono lamentate della situazione disastrosa, chiedendo tagli all’acquisto di armi e di F35 per dare nuova linfa alle casse dei Comuni sempre più povere».
Come se non bastasse, il disegno di legge prevede che l’intervento dei militari in caso di calamità naturali dovrà essere retribuito. Massimo Paolicelli, presidente dell’Associazione Obiettori Nonviolenti nota che «gli stessi enti locali dovranno pagare per eventuali interventi che le Forze Armate andranno a fare in casi di emergenza o come supporto di protezione civile. In pratica comuni, province e regioni dovranno pregare che non succeda nulla di grave o problematico al proprio territorio, per non dover rischiare di chiedere un aiuto a pagamento a un altro organo dello Stato».
A tutto questo la società civile non ci sta. «Occorre denunciare quello che sta succedendo e accrescere la pressione su tutti i deputati che si dovranno pronunciare, uno dopo l’altro», dice Flavio Lotti. Le associazioni invitano tutti a mandare mail ai deputati e al sito della Camera sottoscrivendo l’appello predisposto sul sito della Tavola della Pace: www.perlapace.it.
Luciano Scalettari