18/07/2012
Un'immagine degli scontri in corso in Siria pubblicata sulla pagina Facebook del Syrian observatory for human rights. La foto di copertina è dell'agenzia Reuters,
E' stato un duro colpo al regime. Il 18 luglio, a Damasco, un attentato contro il palazzo della sicurezza ha ucciso il ministro della Difesa siriano (il primo cristiano a ricoprire quest'incarico) e il capo dell'intelligence militare, cognato di Bashar al Assad. Secondo fonti dell'opposizione sono rimasti uccisi o feriti «tutti i membri della cellula di crisi che dirige le operazioni contro chi si ribella». Per la Tv di stato siriana si sarebbe trattato di un kamikaze, mentre fonti
della sicurezza parlano di una bomba piazzata da un "interno". Quel che è
certo è che nel palazzo nel quale è avvenuto l'attentato le misure di
sicurezza sono sempre state severissime e che la zona sulla Piazza Rauda, nel quartiere di
Abu Roummaneh, vicina alle ambasciate italiana e americana, è una delle
più blindate della capitale siriana.
Foto Reuters.
Nella mattinata di mercoledì 18 luglio, sono ripresi i bombardamenti governativi su alcuni quartieri di
Damasco, stando a quanto riferito dall'Osservatorio nazionale per i
diritti umani in Siria (Ondus). Secondo fonti dell'Osservatorio, inoltre, martedì 17 luglio almeno 29
militari governativi sono stati uccisi nei combattimenti registrati in diverse aree del Paese,
insieme a 66 civili e una ventina di ribelli. Nuovi scontri, secondo
l'Ondus, sono avvenuti la anche nei quartieri di Midan e
Kafaksouseh nella capitale. Il calvario dei civili, insomma, non accenna a diminuire. Anzi.
«Mentre si susseguono gli scontri e la città di Damasco è sotto assedio
esprimiamo grande preoccupazione per la sorte dei bambini ancora presenti sul
territorio siriano, in particolare nella stessa città di Damasco e ad Homs», dichiara Andrea Iacomini, portavoce del Comitato italiano per l'Unicef. «Dai
nostri uffici sul campo sappiamo che sono circa 76 mila gli sfollati in queste
zone e che tra questi ben 45 mila sono bambini.
Occorre proseguire a proteggere tutte le famiglie ed i bambini che,
non
riuscendo ad uscire in tempo dalla zona del conflitto, rischiano di
rimanere
"chiusi" in una spirale pericolosa di morte e povertà. L'Unicef sta
distribuendo generi di primo soccorso come coperte, saponi, taniche
per l'acqua, teli impermeabili per allestire ripari di emergenza nonché
pentole per
cucinare e posate per mangiare. Stiamo inoltre consegnando kit studiatib
e preparati apposta dall'Unicef contenenti prodotti per l'igiene
familiare e
dei bambini distribuiti anche in collaborazione con la Mezzaluna Rossa
siriana ed altri partner locali. Ricordiamo che dal 2011 ad oggi sono morti oltre
500 bambini dal 2011. Una condanna a morte inaccettabile per quasi due bambini
al giorno».
Alberto Chiara