29/10/2012
Si può vivere nella paura? Si. Si può vivere sempre nella paura? Si. Per quanto? Nessuno lo sa. Ma ci si può organizzare. Come ha fatto lo Stato di Israele che ha fatto della sicurezza il principale pilastro della propria esistenza. Noi diciamo prima di tutto la pace. Per loro, prima di tutto viene la sicurezza. In nome della sicurezza si può fare di tutto. In qualunque luogo, in qualunque momento. In Israele, nei territori palestinesi o in qualunque altra parte del mondo.
Succede così anche in Italia, dove le forze di sicurezza israeliane gestiscono in prima persona i controlli di sicurezza dei passeggeri che si devono imbarcare sui propri voli. Saranno frutto di accordi bilaterali ma non fa una bella impressione ritrovarsi a Fiumicino nelle mani di poliziotti di un altro paese. Ma come? Perché questi controlli non li fa la nostra polizia? Gli israeliani non si fidano di come li fanno gli italiani?
Alla partenza della Missione di pace ci hanno controllato per più di sei ore. Sei ore di domande che non ti aspetti e di cui soprattutto non capisci il senso. E ti domandi: che senso ha tutto questo? Serve davvero alla sicurezza d’Israele? Io so che la sicurezza cresce insieme alla fiducia.
Ma esperienze come quelle che abbiamo vissuto in un pezzetto d’Italia ceduto a Israele non aiutano a costruirla. Al contrario, alimentano sentimenti di segno opposto. Chi va in missione di pace in una zona di guerra non deve aspettarsi di trovare un tappeto rosso. E deve essere pronto a superare tanti ostacoli. Resta il problema. La sicurezza d’Israele è un bene importante, come lo è la nostra, quella dei palestinesi e di ogni altro popolo. Ma per costruirla davvero, perché sia vera e duratura, c’è solo la via della pace. Gli amici di Israele, i veri amici di Israele sono i primi a saperlo.
Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace