10/11/2011
Sulla strada a chiedere l'elemosina (Foto agenzia Sintesi).
FRANCESCO: IL BAMBINO CHE VIVEVA SUGLI ARMADI
Quando è arrivato, Francesco non parlava. Sembrava più piccolo dei suoi 7 anni, forse perché davanti agli altri si faceva minuscolo, come se volesse scomparire.
Quando siamo andati a cercarlo nella sua stanza, però sembrava scomparso per davvero. Non rispondeva, e non era da nessuna parte. Ci sono bambini magici, è vero, ma non era mai successo che uno di loro diventasse invisibile.
Un giorno però una mano, anzi, un angolino di una mano, spunta da sopra l’armadio. Ecco dov’era. Si era appollaiato come un uccellino nel posto più alto della stanza. Un nido alto e protetto, difficile da raggiungere.
Non c’era verso di farlo scendere. Aveva paura di qualsiasi contatto. Aveva avuto una madre che lo picchiava e gli spegneva le sigarette sulle braccia. Una madre bassa, per fortuna, che in cima all’armadio non ci arrivava. Almeno quello. Ecco il perché di quell’altezza, di quella fuga verso l’alto.
Un educatore invertì la rotta: invece di invitarlo a scendere, salì sull’armadio con lui. Lo stupì, e aprì un varco in quel bambino chiuso a chiave per troppa violenza.
Piano piano il bambino che viveva sugli armadi cominciò a fidarsi di nuovo degli adulti, a credere che i grandi non sono tutti uguali. Ci sono quelli che non gli hanno voluto bene, ma anche quelli che diventano uccellino come lui, per tirarlo giù dal nido.
In attesa dei passanti (Foto agenzia Sintesi).
LA BAMBINA CHE HA MAL DI SCHIENA COME I GRANDI
Maria ha 9 anni, è di Milano, e Milano è una bella città. A Milano ci
sono gli affari, la borsa, le scuole private. Però Maria non lo sa.
Potrebbe vivere ovunque, tanto il suo mondo è limitato alla periferia
dove vive.
Una di quelle zone al limite di tutto, della città, dell’anonimato e
della sopravvivenza. Lei è lì, che sta. A morire di caldo d’estate e a
gelare d’inverno, perché il riscaldamento è un lusso che da un po’ lei e
la sua famiglia non si possono più permettere.
E’ troppo magra, e ha mal di schiena, Maria. Un male da grandi,
perché i bambini, con tutto il loro correre nei parchi e andare ai corsi
di nuoto e danza, mica ce l’hanno, il mal di schiena.
Solo che lei non corre, e danza non ci va. Lei sta china tutto il
giorno a pulire. Mattina e sera, ha sempre davanti quella distesa di
gradini che sembrano non finire mai.
Una bambina che lavora sembra qualcosa di lontano, invece lei
magari è proprio qui, al piano di sotto, invisibile e silenziosa.
Niente scuola, niente intervallo, niente zainetto per lei. Lo zainetto
pesante, pieno di libri, quello sì che sarebbe un buon motivo per avere
mal di schiena.
Maria sorride comunque, perché non sempre i bambini si rendono
conto della piega che ha preso la loro vita. Ma se la guardi meglio, ti
accorgi che è un sorriso amaro, tirato, stanco. Senza corse a
perdifiato nel cortile con gli amici.
IL BAMBINO CHE S’IMMAGINA IL MARE
Gaetano lo chiamano Aità. Nelle case popolari del quartiere di
Secondigliano dove abita lui, tutti hanno un soprannome. Il suo è Aità.
Ha 11 anni e la faccia da bullo, la faccia storta di uno a cui
hanno rotto il naso durante una rissa. O almeno, lui dice così. Guai se
si pensasse che è successo in casa. Non è mica una femminuccia lui, e
poi suo padre non gliele mette più le mani addosso. Quasi mai. Solo la
domenica, quando nelle case popolari la gente fa casino e lui si
innervosisce per il rumore.
Aità cerca di calmarlo, oppure esce. Solo che lì dove abita lui non
c’è niente da fare. E’ triste, vuoto, nessuno ha voglia di inventarsi
dei giochi. La bicicletta? Magari. Ma se nemmeno riesce a farsi comprare
un pallone serio. O si mangia o si gioca, dice la mamma.
Aità ha capito che è meglio mangiare, perché se no muori, e allora
di giocare te lo scordi per sempre. A volte, quando c’è il vento forte,
arriva un profumo diverso. Come di sale e libertà insieme. Aità sa che è
il mare. Gliel’hanno raccontato degli zii che una volta ci sono andati.
Il mare è un sogno. Pulito, magico, pieno di pesci. Solo che ci
vuole la macchina, o i biglietti per il treno. Che favola. Magari un
giorno qualche amico ricco con la macchina gli fa il regalo più grande
del mondo e lo porta.
Luciano Scalettari