21/03/2012
Il Settimo Rapporto ha affrontato quella che è la sfida più radicale e insieme più affascinante che la famiglia italiana deve oggi affrontare: la crescente variabilità delle sue forme.
Questa sfida è costituita dal fatto che un numero crescente di stili di vita e di forme di convivenza reclamano il diritto di essere chiamati e trattati come “famiglia”, per il semplice fatto di adottare certe modalità – anche se non tutte, anzi mai in toto - di ciò che tradizionalmente costituisce il codice simbolico della famiglia, cioè l’essere una relazione di piena reciprocità fra i sessi e fra le generazioni.
Il fenomeno della cosiddetta “pluralizzazione delle forme familiari” è stato da noi osservato come un processo che richiede precise distinzioni fra fisiologia e patologia della famiglia, tra forme reali, analogiche o solo metaforiche di “pluralismo familiare”, non già per penalizzare o emarginare qualcuna delle varie forme di relazioni primarie che oggi appaiono nella vita sociale, ma per dare a ciascuna ciò che le spetta.
Abbiamo richiamato l’attenzione sul fatto che, con troppa facilità, si tende a sottovalutare l’importanza della famiglia come istituzione sociale, al fine di privatizzarne le scelte e ridurne i diritti a mere pretese individuali.
Senza l’istituzione che stabilizza le aspettative verso certi valori significativi, infatti, non è possibile la maturazione della persona umana, perché sappiamo che, se il concetto di famiglia diventa confusivo, anche “il pensare comune” (quello degli individui come quello di una intera cultura) diventa confusivo.