16/03/2012
In questa prospettiva sono state selezionate e analizzate,
tramite un questionario, le buone pratiche presentate
nel volume, raccolte in quattro Regioni italiane
(Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Marche),
secondo un criterio che non risulta però essere
in alcun modo rappresentativo delle aziende italiane:
in totale sono state mappate 123 aziende, tra le quali il
72,7% è di media grandezza, per lo più con dipendenti
di età compresa tra i 35 e i 44 anni (82%). In linea con
le statistiche a livello nazionale, le donne sono maggiormente
impiegate nelle aziende di piccole dimensioni e
con contratti precari, gli over cinquanta con contratti
precari e i giovani con
contratti atipici. Questo
aspetto, peraltro, come
emerge poi dalla ricerca,
non è irrilevante ai fini
della possibilità di usufruire
di misure di conciliazione:
i dipendenti con contratti
atipici e precari, infatti,
sono quelli che meno
degli altri possono usufruire
delle misure di conciliazione
e di welfare attuate
dall’azienda.
Il criterio di valutazione
delle buone prassi
aziendali (o promising practices,
pratiche che “promettono
bene”) è stato costruito
in accordo con il
modello relazionale di
analisi delle buone pratiche
elaborato da Donati,
Prandini, Rossi e Boccacin
e così sintetizzato:
«Un insieme di azioni/interventi
finalizzati a rispondere
a un bisogno
complesso, rilevante socialmente,
tesi alla realizzazione
di un benessere
relazionale, e alla generazione
di Capitale sociale
(Cs), in grado di capacitare
le relazioni familiari in
una prospettiva di empowerment
promosse, preferibilmente,
da una realtà di
soggetti in partnership, in
grado di includere, a livello
progettuale, realizzativo
e valutativo, tutti i soggetti,
erogatori e fruitori».
Questa definizione di
promising practices ha il vantaggio
di conservare e valorizzare
l’approccio relazionale,
del tutto assente
nella visione del problema
conciliazione a livello
europeo, dove è prevalsa
una linea marcatamente
individualistica e del tutto
funzionale (la conciliazione
come politica che persegue
obiettivi di aumento
dell’occupazione femminile
e la promozione
delle pari opportunità).
Al contrario, come dimostrato
in molteplici studi e
come emerge anche nella
ricerca in esame, le scelte
lavorative sono compiute
sempre all’interno di un
quadro relazionale estremamente
complesso
(non la donna considerata
in modo solipsistico per
sé, ma la donna all’interno
della relazione di coppia
e di un sistema familiare
e sociale ben definito).
Lorenza Rebuzzini