Lavoro, il salario in mano ai caporali

I numeri del caporalato, sfruttamento illegale della manodopora, sono impressionanti: 400 mila persone nell'agricoltura, almeno 150 mila nell'edilizia. E sono in larga parte immigrati.

La scrittrice Stefania Ragusa: tante polveriere pronte a esplodere come a Rosarno

01/06/2011
La copertina del libro di Stefania Ragusa dedicato al fenomeno del caporalato.
La copertina del libro di Stefania Ragusa dedicato al fenomeno del caporalato.

Stefania Ragusa, giornalista e scrittrice, tra le fondatrici della rete antirazzista “Primo Marzo”, ha scritto “Le Rosarno d'Italia. Storie di ordinaria ingiustizia”, pubblicato da Vallecchi. E' un viaggio fra le situazioni di ingiustizia e sfruttamento che coinvolgono i lavoratori migranti.

Stefania, l'idea del libro ti è venuta dopo i fatti di Rosarno o già da prima avevi pensato di occuparti di caporalato?
«Mi è venuta a Trento, durante un incontro della rete “Primo Marzo”. In quell'occasione ho ascoltato un intervento che mi ha colpito a proposito dello sfruttamento del lavoro migrante in val di Cembra, la valle del porfido. «Qui ci sono lavoratori invisibili, soprusi legalizzati: c'è una Rosarno in miniatura di cui tutti preferiscono ignorare l'esistenza» aveva detto una persona. «Vogliamo cominciare a parlarne?». Conoscevo già la situazione di Zingonia (cui dedico un capitolo del libro). Mi sono detta: forse è il caso di provare a raccontare le Rosarno del Nord, che hanno certo una fenomenologia differente e una capacità mimetica maggiore rispetto a quelle del sud, ma non sono meno insidiose. Rosarno, dopo il 7 gennaio 2010, non è più solo un comune della piana di Gioia Tauro circondato da aranceti e soffocato dalla 'ndrangheta: rappresenta una categoria, le situazioni di conflitto e discriminazione dei migranti a rischio di esplosione, situazioni in larga parte riconducibili allo sfruttamento del lavoro nero e al caporalato, ma intrecciate anche ad altre questioni: il business dei rifiuti (Imola), speculazioni edilizie (Zingonia), l'incapacità di ripensare i modelli produttivi (Val di Cembra e Prato), a riprova di come il razzismo non sia mai fine a se stesso ma sempre al servizio di altre cause».

Il tuo libro è un viaggio da Nord a Sud, ormai siamo di fronte a un fenomeno di sfruttamento su scala nazionale?
«La questione ha una portata nazionale e probabilmente anche europea. I lavoratori migranti (e in particolare quelli più ricattabili perché senza documenti o con il permesso di soggiorno in scadenza) sono i veri "ammortizzatori societari" del presente. Le aziende e le imprese (anche nel pubblico) sempre più spesso ricorrono all'esternalizzazione e il modo più semplice per risparmiare in questo sistema di appalti e subappalti è tagliare sul costo del lavoro e sulla sicurezza. Si tratta di un sistema che colpisce i migranti in prima battuta ma produce una degenerazione culturale e l'erosione graduale dei diritti di tutti».

Quali sono le realtà che più ti hanno impressionato?
«Mi ha sorpreso trovare realtà di sfruttamento in contesti evoluti come il Trentino e l'Emilia. Per quanto possa sembrare paradossale, avere una serie di servizi garantiti può favorire una specie di affievolimento delle coscienze. A Imola e a Trento la gente è così abituata all'efficienza dell'amministrazione, al fatto che non appena si manifesta un bisogno viene subito aperto uno sportello o offerto un servizio, da non riuscire più a interrogarsi con occhi critici sulla propria condizione e sulle proprie responsabilità. Non mi ha sorpreso ma mi ha molto coinvolto emotivamente scrivere di Milano, la città in cui vivo, e sopratutto di Vittoria e del ragusano, la mia terra d'origine».

Dove sono le potenziali "polveriere" che potrebbero esplodere come Rosarno?
«Non azzardo previsioni ma senza incertezze mi sento di dire che le Rosarno d'Italia e in particolare del Nord son molto più numerose di quello che si immagina. E ritengo che andrebbero tenute particolarmente d'occhio le Rosarno diffuse, non concentrate in un luogo specifico ma "sparse" sul territorio, alimentate da leggi, disposizioni e provvedimenti irrazionali e ingiusti. Nel libro parlo della situazione legata ai Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e della cosiddetta sanatoria truffa. Ma, oggi più che mai, anche la questione mai approcciata seriamente dei richiedenti asilo e protezione umanitaria rappresenta una realtà esplosiva».

I lavoratori che hai incontrato quanto sono consapevoli della forma di sfruttamento di cui sono vittime? Sono soli o chiedono aiuto, magari ai sindacati?
«I gradi di consapevolezza sono molto diversi, a seconda del background del migrante e del Paese di provenienza. A Vittoria, per esempio, c'è uno scontro in atto tra magrebini e rumeni. I primi, radicati in Sicilia da vari lustri, sono sindacalizzati. I secondi no: accettano paghe da fame e nella maggior parte dei casi non si rendono conto di essere sfruttati. Sicuramente la crescita di consapevolezza e una maggiore compattezza tra i lavoratori migranti e tra i lavoratori tout court sarebbe fondamentale per contrastare le Rosarno, le derive razziste e la perdita dei diritti. Tra gli obiettivi del mio libro c’è quello di favorire questa compattezza».

Roberto Zichittella
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