17/10/2011
I disordini del 9 ottobre.
La carneficina di domenica nove ottobre è solo l'ultimo capitolo, forse il più oscuro, delle tensioni anche religiose, che attraversano il Paese. Gli scontri tra cristiani e musulmani non sono un fenomeno nuovo in Egitto e l'anno scorso si sono acuite dopo la bomba di gennaio alla Chiesa della Vergine Maria di Alessandria.
I cristiani egiziani (che rappresentano dal 6 al 10% della popolazione) da tempo denunciano le leggi restrittive per ottenere i permessi di costruzione o di ristrutturazione delle chiese, mentre le moschee godono di un regime più liberale. Le tensioni, nel caso del nove ottobre, però, sembrano piuttosto essere state utilizzate come un pretesto per la repressione: secondo molti testimoni in piazza, insieme ai cristiani che chiedevano il rispetto dei loro diritti, c'erano anche tanti musulmani e tutti sono stati oggetto della violenza della polizia e dell'esercito.
Quel che è certo è che in quella notte di sangue qualcosa si è rotto: secondo alcuni questo qualcosa è la paura, che ha portato in massa nelle piazze i copti, tradizionalmente abbastanza distanti dalla politica. «L'apparato di sicurezza - ha scritto su internet il noto blogger Sandmonkey - ha sempre giocato un gioco sporco con i cristiani in passato, incitando segretamente gli attacchi nei loro confronti da parte di gruppi islamici, in modo da avere poi il supporto dei copti desiderosi di protezione. Ma ora che i militari hanno ucciso i cristiani con le loro mani, hanno anche perso la loro credibilità come “protettori”».
La questione religiosa giocherà probabilmente un ruolo anche nelle elezioni. Ma allo spettro di una possibile islamizzazione del Paese non sembrano credere in molti, nonostante il movimento islamico dei Fratelli Musulmani sia fra quelli più quotati per un buon risultato elettorale. Negli ultimi giorni ha sollevato numerose polemiche la scelta del partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli, di utilizzare lo slogan “L'Islam è la soluzione”.
«Non sono spaventato dai fratelli musulmani - spiega Ahmed Maher, uno dei membri del Movimento rivoluzionario 6 aprile - abbiamo avuto contatti con loro prima della rivoluzione, ci hanno aiutato, anche loro hanno sofferto molto la repressione durante il periodo di Mubarak. Il problema secondo me potrebbero piuttosto essere i gruppi salafiti, più radicali, nuovi alla politica, meno formati. Ma stiamo cercando di gettare dei ponti anche nei loro confronti, cercando un colloquio. Detto questo bisogna ricordare che gli Egiziani non sono salafiti. Non siamo una società laica, questo è vero. Noi egiziani siamo religiosi, ma non radicali. E non credo che qualcuno possa forzarci a diventarlo».
Federico Simonelli