Guerriglia Londra, un anno dopo

La Gran Bretagna che festeggia i Giochi ha quasi dimenticato la guerriglia che sconvolse Londra un anno fa, causando 5 morti, 4.000 arresti e centinaia di negozi distrutti.

Parlano gli esperti

04/08/2012

«Il livello di attenzione che viene dato alla sicurezza, in questo momento, a causa dei Giochi Olimpici, rende meno probabile che i disordini si ripetano, ma è molto difficile dire che cosa succederà in futuro». A parlare sono il professor Tim Newburn, responsabile della facoltà di politica sociale della London School of Economics e il giornalista del Guardian Paul Lewis che hanno guidato il progetto Reading the riots. «La maggior parte dei rivoltosi e dei poliziotti intervistati ha detto di pensare che ci sarà una nuova guerriglia. Non vogliono indicare un momento preciso, come l’anniversario che ricorrerà agli inizi di agosto, ma denunciare che le condizioni economiche, sociale e culturali, che hanno promosso i saccheggi e gli incendi, non sono cambiate in modo significativo e, di conseguenza, una ripetizione dei disordini è probabile».

Il quotidiano Guardian e la London School of Economics hanno intervistato 600 persone coinvolte nei disordini, 270 delle quali erano criminali, 13 finiti in prigione, e 130 poliziotti, e mettendo a punto una mappa di ogni incidente denunciato e della località dove era avvenuto che è disponibile sul sito http://www.guardian.co.uk/uk/series/reading-the-riots .
Sono state analizzate 1,3 milioni di parole di racconto dal vivo, insieme a 2,5 milioni di tweets.

Lo studio è durato dieci mesi ed è cominciato lo scorso settembre. In una prima fase, terminata a dicembre, una trentina di ricercatori selezionati per i contatti che avevano nelle comunità coinvolte dai disordini, e preparati, appositamente allo scopo, con fondi della Joseph Rowntree Foundation, ha trascorso almeno tre quarti d’ora a parlare con i teppisti nelle loro case, in centri sociali, caffè e catene di fast food a Londra, Liverpool, Birmingham, Nottingham, Salford e Manchester. Per i 13 intervistati, che si trovavano in prigione, hanno ottenuto un permesso speciale dal Ministero di giustizia.
I colloqui sono stati poi interpretati da un team di ricercatori della London School of Economics.

All’inizio di luglio sono stati pubblicati i risultati della seconda fase, sponsorizzata dalla Open Society Foundations, avviata da George Soros per aiutare società libere e tolleranti, con oltre 300 interviste, 130 con poliziotti sulle strade di Londra, Birmingham, Manchester, Salford e Liverpool.

Ascoltate anche 40 vittime, alcune delle quali hanno perso i loro negozi o visto le loro case bruciate, e 25 cosiddetti vigilantes che, quando sembrava che la polizia stesse perdendo il controllo, sono scesi in strada per proteggere il loro vicinato.
Hanno parlato 50 avvocati che hanno difeso i rivoltosi e 25 pubblici ministeri, compreso il Procuratore Generale Keir Starmer.

Molti dei punti di vista più interessanti sono arrivati da interviste con persone comuni che hanno fornito un resoconto personale dell’episodio più intenso di disordini civili della storia inglese moderna.

Negli ultimi mesi Reading the riots è tornato nelle comunità colpite, per sette dibattiti organizzati nei municipi, ai quali hanno partecipato, nei distretti londinesi di Tottenham, Peckham, Croydon, Birmingham, Liverpool, Manchester e Salford, oltre 600 persone.

La ricerca si ispira a uno studio analogo condotto sui disordini di Detroit nel 1967 condotto dal giornale Detroit Free Press e dall’Istituto di ricerca sociale dell’Universita del Michigan.



Clapham Junction: negozi e appartamenti danneggiati dal fuoco durante la sommossa il 10 agosto 2011 e come appaiono oggi (Peter Macdiarmid/Getty Images).

Silvia Guzzetti
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