08/04/2013
Uno sbarco di profughi africani a Lampedusa
Quasi 500 sbarchi negli ultimi due giorni di marzo. Sulle coste di Lampedusa, come avviene ormai da molti anni, con la bella stagione riprendono i viaggi della speranza. E, con i viaggi, le morti. Il Mediterraneo, che dal 2008 a oggi ha visto scomparire nei suoi fondali almeno 20mila persone, è stato ribattezzato “la tomba d’acqua”.
«L’uomo non può morire perché vuole vivere», ha più volte detto l’arcivescovo di Agrigento monsignor Francesco Montenegro. «Oggi si parla tanto di diritti umani e poi permettiamo che tanti uomini, tante donne, tanti bambini muoiano perché desiderano una vita migliore».
Il sindaco dell’isola, Giusi Nicolini, ha lanciato nuovamente l’appello: «Siamo in emergenza. Il centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola ha solo 300 posti; la permanenza deve essere breve». Ma, mentre si provvede a svuotare il Centro prima di nuovi previsti sbarchi, la Commissione episcopale per le migrazioni (Cemmi) e la Fondazione Migrantes chiedono anche che ci si continui a occupare di quanti sono arrivati nel nostro Paese negli scorsi anni. Le due organizzazioni si mostrano preoccupate «per i ripetuti casi di morte di giovani immigrati che in Italia vivono in condizioni drammatiche, in alloggi di fortuna senza i requisiti minimi di sicurezza». In particolare, l’attenzione è rivolta ai minori e ai profughi.
Finita, lo scorso primo marzo, la cosiddetta “emergenza Nord Africa” – che era stata affrontata con decreto – restano in attesa di conoscere il loro destino circa 13mila profughi. Per loro, denuncia il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), gli ultimi interventi del Governo sono «insufficienti per una soluzione e avvenuti con troppo ritardo».
Da tempo il Cir aveva chiesto di garantire sia borse di studio che borse lavoro (con un’iniziale assistenza alloggiativa) per permettere l’integrazione nel nostro Paese, laddove non fosse possibile ipotizzare un assistito rientro in patria con «iniziative di reintegrazione nei Paesi di origine nell’Africa Sub-sahariana».
Apprezzamenti, invece, per la decisione di rilasciare il permesso di soggiorno per motivi umanitari a gruppi vulnerabili come vittime di tortura, famiglie numerose e minori non accompagnati. Per questi ultimi il Cir chiede che siano sempre identificati, così come prevede la legge,durante i respingimenti, e che si presuma la minore età se sono senza documenti.
Annachiara Valle e Lorenzo Montanaro