14/11/2011
Re Abdullah di Giordania.
Molti fanno finta di niente ma la realtà è questa: persino la Lega Araba, organizzazione che non ha mai brillato per coraggio né per inventiva, ha preso le distanze dalla Siria e dal regime di Assad in modo più deciso dell'Occidente. La Siria, infatti, è stata "sospesa" dall'organizzazione fino a quando non avrà cominciato ad applicare il piano di pace concepito dalla stessa Lega e presentato il 2 novembre. Piano che prevede la fine delle violenze, il ritiro delle truppe governative dalle città, il rilascio delle oltre 40 mila persone arrestate da marzo a oggi, l'apertura delle frontiere ai media stranieri e a un gruppo di osservatori della Lega Araba.
A voler essere maligni, anzi, c'è un tocco perverso di Occidente anche in questa decisione. L'unico Paese della lega che ha votato contro è lo Yemen, regime tenuto ormai artificialmente in vita dall'appoggio degli Usa. E ad astenersi sono stati solo il Libano (la pesante influenza di Hezbollah, alleato storico della Siria, si è fatta sentire) e l'Iraq, liberato proprio dagli anglo-americani.
La decisione della Lega Araba ha innescato una serie di ripercussioni. Da un lato ha liberato energie prima ancora timide: il re Abdullah di Giordania ha chiesto le dimissioni di Assad e la Turchia, sempre più schierata con i dissidenti siriani, si è detta intenzionata a usare una mano più pesante con il regime di Damasco. Dall'altro, ha isolato la Russia. Per il Cremlino, che da tempo tenta di recuperare un ruolo in Medio Oriente, Assad è un alleato prezioso. Ma il sostegno al dittatore è ormnai ristretto a pochissimi Paesi, visto che anche la Cina ora auspica l'applicazione del piano della Lega Araba.
Fulvio Scaglione