Dossierone calcio: su il sipario!

Le scommesse non ancora alle spalle, la crisi che morde tutti ma non i magnati stranieri. Il campionato riparte e recita a soggetto la scena di sempre. E noi ci caschiamo.

Il club degli spendaccioni pentiti

25/08/2012
Pazzini e Cassano, Milan e Inter: uno scambio all'insegna del Fair Play finanziario (foto Ansa)
Pazzini e Cassano, Milan e Inter: uno scambio all'insegna del Fair Play finanziario (foto Ansa)

Serie A al risparmio, niente più follie, tanti saluti ai tempi delle vacche grasse. C’è chi s’è svenato, spendendo e spandendo, per acquistare costosi campioni e pagare loro lauti ingaggi. E ora ha scoperto che è giunto il momento di tirare la cinghia, cominciare a risparmiare, cambiare politica societaria.

Nel club degli spendaccioni pentiti, spiccano Milan e Inter, costretti a tagliare le spese, soprattutto alle voce stipendi, anche nel rispetto del Fair Play Finanziario voluto da Michel Platini. L’Inter aveva già venduto tanto (da Eto’o a Balotelli), ora ha preso a disfarsi di altri eroi del Triplete. E, soprattutto, non investe più sul mercato: niente arrivi di grido, complice l’assenza dalla Champions League (con conseguenti mancati introiti). Il Milan a vendere ha cominciato adesso, ma in modo addirittura traumatico: via Ibrahimovic e Thiago Silva, incassando un bel po' di soldi e risparmiandone altrettanti di ingaggi futuri. Del resto, c’è sempre chi è più ricco e può permettersi di sborsare vagonate di soldi per prendere fuoriclasse. Russi, arabi, americani: il nuovo che avanza sul fronte del calciomercato, contribuendo a cambiare le carte in tavola.

Calcio italiano, siamo all’Anno Zero. Soprattutto sul mercato. Noi costretti a risparmiare, altri in grado di comprare. Quest’anno sul ponte di comando del mercato europeo hanno comandato Paris Saint Germain, Chelsea, Manchester United, mentre lo stesso Barcellona, pur alle prese con un’autentica voragine debitoria, ha fatto le sue (poche ma dispendiose) operazioni.

Ma al di là dei singoli club (che analizzeremo in seguito) sono gli interi movimenti calcistici a dimostrare come qualcosa sia cambiato. C’è chi chiude in profondo rosso e chi con un attivo di bilancio (sul mercato). Nel secondo caso, l’Italia. Sì, dopo anni di spese pazze stavolta si chiude con segno +, unico tra i Paesi europei di avanguardia pallonara. I numeri parlano chiaro, al netto di un mercato che non ha ancora esalato l’ultimo respiro (difficile, comunque, che la sostanza delle cose cambi): al momento la bilancia tra entrate e spese di mercato dei club di serie A fa segnare un attivo di circa 15 milioni di euro. Un’inversione di tendenza, rispetto al passato più o meno recente.

La stessa inversione di tendenza fatta registrare dalla Liga spagnola, sempre che il Real Madrid non piazzi clamorosi colpi dell’ultima, che comunque non riuscirebbero a cancellare la nuova politica al risparmio. Solo la Liga, infatti, fa meglio della serie A: 32 milioni di attivo di mercato, senza grosse spese dei due big-club e grazie al quasi immediato disimpegno degli sceicchi sbarcati un paio d’anni fa a Malaga. Italia e Spagna incassano, gli altri spendono, in barba al Fair Play di Platini. Tra gli altri maggiori tornei del continente, è ancora la Premier League inglese a farla da padrona nella corsa alle spese: oltre 200 milioni di passivo di mercato per i club del massimo campionato britannico. Seguono la Ligue 1 francese (- 94 milioni, soprattutto per gli investimenti targati Paris Saint Germain) e la Bundesliga tedesca (poco più di 40 milioni).

Sul fronte dei club, è il Psg in testa alla classifica delle spese sul mercato estivo: 140 milioni in uscita (contro ben pochi in entrata). Seguono il Chelsea (80 milioni) e il Manchester United (54 milioni). Tra le top-ten, solo due italiane: Juventus e Roma. Invece è un’italiana a comandare la classifica degli incassi da cessioni: il Milan, che ha portato in cassa 63,5 milioni. Bene anche il Genoa (terzo posto), l’Udinese (settimo) e il Napoli (decimo), che però ha un bilancio in sostanziale pareggio per via degli acquisti. Il dato resta, lampante: calcio italiano che vira verso il virtuoso. Meno spese sul mercato, più risparmi negli ingaggi.

Ivo Romano

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