Londra 2012, giochi da ragazze

Federica Pellegrini, Valentina Vezzali, Josefa Idem... che l’azzurro virasse al rosa s’era capito fin dalla bandiera. Ma Londra 2012 avrà molto di femminile anche altrove.

Lo spirito olimpico soffia sotto il Big Ben

23/07/2012
Dorando Pietri. (foto Ansa)
Dorando Pietri. (foto Ansa)

Forse l’idea non piacerà a Parigi rivale di Londra nella candidatura 2012 e detentrice con il barone de Coubertin del brevetto dell’Olimpiade moderna, ma se c’è un luogo in cui soffia lo spirito olimpico, versione a cinque cerchi della cortesia, quel luogo è Londra, l’unica sede prescelta tre volte. Da Londra passa alla storia la più antica icona olimpica dopo Fidippide, inventore suo malgrado della maratona al tempo della Grecia classica. Quell’icona è Dorando Pietri: idea platonica della sconfitta epica, ma anche della gloria imperitura a risarcimento. Arrivò primo nella maratona di Londra 1908, con minuti di vantaggio. Non bastarono, barcollò a pochi metri dal traguardo. Chi lo sorresse ne decretò la morte atletica: squalificato. Vincente e squalificato. Conan Doyle era in tribuna e lo raccontò, la regina Alessandra si impietosì e volle premiarlo con una coppa d’argento. Col risultato che nessuno ricorda più Hayes, il vincitore, mentre i baffi all’insù del pasticciere di Carpi, gambe storte da italiano d’altri tempi in gita, sono l’immagine inestinguibile dello spirito olimpico che respira. Mai stato più vero di così che partecipare contasse più che vincere.

Steve Redgrave in veste di tedoforo. (foto Ansa)
Steve Redgrave in veste di tedoforo. (foto Ansa)

Ma Londra è spirito che soffia anche in altri modi: nel 1948 sbarcò sul Tamigi la prima Olimpiade del dopoguerra, e lì si concepì, anche se all’inizio le sedi erano diverse, la prima Paralimpiade della storia, pensata dapprima più che altro come strumento riabilitativo per chi in guerra aveva lasciato pezzi di corpo e d’anima, ma destinata a diventare negli anni quello che ora è: sport, agonismo puro, voglia di vincere. Che importa se con un senso, una gamba, un braccio in meno: conta lo spirito. Sarà un caso che proprio per Londra si sia qualificato Oscar Pistorius, primo amputato in corsa con i normodotati? Forse c’entra qualcosa “Il Redgrave”, che non è – come dicono gli annali – Steve Redgrave, il canottiere inglese che ha vinto cinque ori in cinque edizioni, cioè sì lo è, ma è soprattutto una categoria dello spirito, come vuole Simone Barnes autore di The Meaning of sport (il significato dello sport): «Redgrave non è solo una persona è anche una qualità. In ogni grande momento dello sport», scrive Barnes, «l’atleta che lo affronta deve avere dentro un po’ di Redgrave. Scelgo di vincere o di non vincere? La qualità di Redgrave è la parte di te che non accetta compromessi: la parte che ti porta per primo oltre il traguardo, dopo aver già dato tutto ciò che credevi di avere. Non ha a che fare con il corpo, c’entra la mente. Quando un atleta ovunque nel mondo vince qualcosa in qualunque sport dovrebbe pagare i diritti a Steve Redgrave». Se lo spirito olimpico esiste, soffia sotto il Big Ben.

Elisa Chiari
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