Concilio, sguardo nuovo sul mondo

Ha rinnovato la Chiesa e i suoi rapporti con il mondo. C’è chi lo giudica tradito. E chi lavora perché sia applicato. Diamo la parola a testimoni ed esperti per un bilancio ragionato.

La gente e la luna: diario minimo di un giorno storico

11/10/2012
Monsignor Loris Capovilla, alle spalle di papa Giovanni XXIII
Monsignor Loris Capovilla, alle spalle di papa Giovanni XXIII

Monsignor Loris Francesco Capovilla, arcivescovo emerito di Loreto, conserva lucido il ricordo degli anni vissuti come segretario di Angelo Roncalli, dapprima nella sede patriarcale di Venezia e quindi a Roma, in Vaticano.

– Eccellenza, cinquant’anni fa papa Giovanni XXIII compì un pellegrinaggio a Loreto per invocare la protezione mariana sul Concilio. Che cosa le confidò?

«Fu una giornata stupenda. Nelle stazioni il convoglio veniva letteralmente abbracciato dalla folla, fusa insieme senza alcun protocollo, in un palpito solo. La confidenza si può dire che la fece alle persone assiepate alla stazione di Foligno: “Si dice che il mondo invecchia, ma non invecchia affatto. Cristo lo ringiovanisce e la Madonna lo vigila, la Madonna che abbiamo venerata a Loreto, dove lo spettacolo è stato davvero indimenticabile”».

– Quali immagini di papa Roncalli rammenta, fra le tante, di quell’11 ottobre, giorno inaugurale del Concilio?

«Scendendo dalla sedia gestatoria, appena entrato nell’aula conciliare, gli occhi pieni di lacrime per lo spettacolo dei duemila vescovi – duemila amici e fratelli, convenuti lietamente e consapevolmente al grande convegno –, egli percorse a piedi la basilica con il cuore intenerito dalla domanda di Cristo: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di questi altri?”. Era giunta l’ora di ritrovare l’unità della fede intorno al nucleo centrale della verità rivelata, per costruire realmente, e non soltanto a parole, la comunità della speranza». – In serata, poi, avvenne un episodio che è patrimonio ormai della storia. Come andarono realmente i fatti? «A un certo punto gli ricordai che il Comitato romano dell’Azione cattolica aveva predisposto una fiaccolata in onore suo e dei padri conciliari. Gli dissi che lo si attendeva al balcone per la benedizione. Lui tagliò corto, con decisione: “No, per oggi basta quanto ho fatto e detto stamane. Non è bene che il Papa si presenti in pubblico un’altra volta, tanto meno che parli”. Non osai replicare, ma nel frattempo dalla Segreteria di Stato avvertirono che la folla attendeva. Chiesi al Papa che almeno guardasse attraverso le tapparelle. Osservò, rimase stupito dalla scena che gli si presentava e disse: “Aprite la finestra, stendete il drappo. Darò la benedizione, ma non parlerò”. Non saprei spiegare cosa sia accaduto nel suo animo sensibilissimo. Evidentemente la gaudiosa manifestazione del popolo romano lo ispirò e così gli salì dal cuore alle labbra il discorso della luna (“Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera”), della carezza ai bimbi (“tornando a casa, troverete i bambini; date loro una carezza e dite: questa è la carezza del Papa”), della fede cattolica e della pace cristiana...».

– Dopo pochi mesi, alla fine della prima sessione conciliare, papa Roncalli morì. Quale ricordo conserva dei suoi ultimi tempi di vita?

«Le immagini fotografiche e la documentazione filmata ci hanno lasciato un papa Giovanni – ormai malato e coi segni evidenti di una prostrazione fisica che si stava annunciando – assorto in preghiera, sereno e commosso a un tempo, ancora animato, come nella voce robusta e squillante, da quella capacità di servizio che gli restò sino all’ultimo istante, nella consapevolezza di assolvere al mandato affidatogli da Dio, ma che riscuoteva già, in modo imprevisto, un consenso di una vastità mai conosciuta prima da alcun altro Papa nella storia».

Saverio Gaeta

A cura di Alberto Chiara
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