Ore 20, la Chiesa volta pagina

28/02/2013

Ore otto, si chiude. Si chiude il portone di Castel Gandolfo, con le guardie svizzere che smontano e tornano a Roma. Si chiude l’appartamento papale con i sigilli apposti anche all’ascensore che porta nelle stanze private. Si chiude un Pontificato, quello di Papa Benedetto, cominciato il 19 aprile del 2005. Il gesto di Papa Ratzinger chiude un’epoca, ma apre, al contempo, un nuovo corso per la vita della Chiesa. Sempre più radicata nello spirito e nella preghiera, ma pronta ad affrontare le sfide di un mondo in continua e rapida trasformazione.

Non è stato semplice il Pontificato di Benedetto XVI. Papa studioso e timido, di quella timidezza che può essere scambiata per distacco e freddezza, Ratzinger si è trovato subito alle prese con una Chiesa divisa e difficile da gestire. Gli scandali, da quello della pedofilia a quelli portati alla luce da Vatileaks, hanno disegnato agli occhi del mondo quello che lo stesso Benedetto ha definito “il volto della Chiesa”. Eppure, è il grande insegnamento che ci lascia, quella litigiosa, disunita, tentata dal successo e dal denaro, è pur sempre la Chiesa di Cristo. E Cristo la ama e la accompagna. “Non scendo dalla croce”, ha spiegato nell’ultima udienza in piazza San Pietro, “continuerò a stare accanto alla croce anche se in modo diverso”.

La chiusura del portone della villa pontificia di Castel Gandolo. Sono le 20 di giovedì 28 febbraio 2013. Un momento storico (foto Reuters).
La chiusura del portone della villa pontificia di Castel Gandolo. Sono le 20 di giovedì 28 febbraio 2013. Un momento storico (foto Reuters).

E negli ultimi giorni quella apparente freddezza si è trasformata in affetto e commozione. Gli stessi fedeli che, in più di una intervista ammettevano “abbiamo amato Giovanni Paolo II, ci sentivano distanti da questo Papa”, alla notizia della rinuncia hanno subito provato “grande vicinanza e solidarietà”. Un gesto che ricapitola tutto un Pontificato e lo mette sotto il segno dell’umiltà, della preghiera, del primato della coscienza che si lascia ispirare e guidare da Dio, della comunione. La Chiesa, pur nella pluralità, “è come un’orchestra”, e quella che esce dai diversi strumenti deve “essere un’armonia”.

“Chi crede non sarà mai solo", "la preghiera è fonte infinita di gioia”. Benedetto XVI ci lascia con queste due certezze – le stesse che aveva enunciato il 24 aprile del 2005 nella sua prima messa da Pontefice – e con un ultimo saluto affidato a internet. Il tweet numero 37 del suo account esorta: “Grazie per il vostro amore e il vostro sostegno. Possiate sperimentare sempre la gioia di mettere Cristo al centro della vostra vita”.



Annachiara Valle

Dossier a cura di Alberto Chiara
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