20/12/2012
Foto Reuters.
C’è un Oriente duro e aggressivo, che mal si combina con i sorrisi cui ci ha abituati. I cristiani non sono dovunque ben accetti. Cina, Filippine e Indonesia offrono esempi allarmanti al riguardo. Monsignor Giovanni Chen Shizhong incarna forse più di altri la tribolata parabola cinese. Nato nel 1917da una famiglia cattolica, è entrato nel 1927 nel seminario minore di Yibin. Ordinato sacerdote nel 1947, ha servito per alcuni anni come parroco.
Negli anni’50 e durante la Rivoluzione culturale(19661976 )è stato dapprima imprigionato e poi obbligato a lavorare come contadino. Vessazioni, privazioni,violenze. Poi, nel 1981 è stato riabilitato ed è tornato alla sua chiesa. Il 14 giugno del 1985 è stato ordinato vescovo. Ha coltivato il rapporto con Roma, al punto d’esser riconosciuto dalla Santa Sede. E ha dimostrato intelligente zelo nella trasmissione della fede, tanto da essere riconosciuto come principale artefice della ricostruzione della Chiesa in tutto il Sichuan. La sua recente morte, avvenuta a 96 anni, è stata l’occasione per riflettere sulle sofferenze antiche e presenti di tanti credenti, alla luce delle ripetute violazioni del diritto alla libertà religiosa attribuibili in parte al timore che la Primavera araba possa influenzare anche il Celeste impero e in parte al desiderio di frenare il crescente interesse religioso che si registra nel Paese, dove i cattolici sono almeno 12 milioni.
Permangono, poi, tensioni nella regione di Mindanao (Filippine), a maggioranza musulmana, dove in passato edifici e comunità cristiane hanno subìto attacchi e dove pare che i mandanti dell’omicidio di padre Fausto Tentorio, ucciso nel 2011,siano le milizie paramilitari, ostili alla difesa delle popolazioni tribali fatta dalla Chiesa. A novembre, infine, una violenta campagna anticristiana è stata lanciata da gruppi islamisti nella provincia di West Sumatra, in Indonesia.
Alberto Chiara