«Non abbandono la Chiesa», l’ultimo Angelus

Parlando a una Piazza San Pietro gremita da circa 100.000 persone, Benedetto XVI ha salutato i fedeli. Mercoledì l'ultima udienza generale. Dalle 20 di giovedì 28 sarà sede vacante.

Io, a scuola ho spiegato che....

24/02/2013
Il professor Pasquale Troia, durante una lezione al Liceo Farnesina di Roma. Foto di Alessia Giuliani/Cpp.
Il professor Pasquale Troia, durante una lezione al Liceo Farnesina di Roma. Foto di Alessia Giuliani/Cpp.

Come si racconta a 400 liceali di una scuola pubblica, in genere poco interessati alle vicende della Chiesa e ai fatti religiosi, un evento storico come le dimissioni di un Papa? La domanda se l'è posta Pasquale Troia, 64 anni, docente di religione, biblista, autore di libri di testo adottati nelle scuole italiane (come Credenti in dialogo, un testo per le medie pubblicato da Mondadori).

Troia insegna da oltre 25 anni al Liceo Farnesina, zona nord di Roma, 18 classi, oltre 400 studenti sparsi in varie sedi. «Per prima cosa», racconta il docente, «ho dato agli studenti il testo originale, in italiano, del discorso con il quale Benedetto XVI ha annunciato la sua decisione. Infatti ho sempre pensato che gli studenti devono costruirsi sui fatti del nostro tempo un'opinione personale documentata, andando alle fonti, senza seguire solo quello che rimbalza sulla rete o in televisione».

Il professor Pasquale Troia, durante una lezione al Liceo Farnesina di Roma. Foto di Alessia Giuliani/Cpp.
Il professor Pasquale Troia, durante una lezione al Liceo Farnesina di Roma. Foto di Alessia Giuliani/Cpp.

Dopo l'analisi del testo, il professor Troia ha posto domande in un questionario distribuito in tutte le classi: che cosa sai del ministero del Papa nella Chiesa? Che cosa dovrebbe fare il nuovo Papa per un giovane come te? Che cosa potrebbe fare il nuovo Papa per i poveri di soldi, di cultura, di coscienza? «I ragazzi», racconta Troia, «sono stati colpiti dall'umanità del gesto del Papa. "Finalmente fa l'uomo" ha scritto uno studente. Hanno molto apprezzato l'aspetto umano della scelta di Benedetto XVI. Mi colpisce notare che la gran parte dei giovani ha un'idea della Chiesa e del cristianesimo come una realtà immobile, incapace di trasformazioni che possono arrivare grazie a un gesto come quello di Papa Ratzinger. Altri hanno scritto che il Papa doveva restare al suo posto, perché è un simbolo e non poteva rinunciare alle sue responsabilità».

Il professor Pasquale Troia e i suoi studenti, in classe, al Liceo Farnesina di Roma. Foto di Alessia Giuliani/Cpp.
Il professor Pasquale Troia e i suoi studenti, in classe, al Liceo Farnesina di Roma. Foto di Alessia Giuliani/Cpp.

Alcuni studenti hanno chiesto di andare all'ultima udienza del Papa. «Ma più che un gesto di vicinanza a Benedetto XVI ho colto più la voglia di essere comunque a un evento che sarà seguito dai mass media, per poi poter dire "io c'ero"», osserva Troia. «Non sono mancate», prosegue il docente, «domande curiose. Un ragazzo del primo anno mi ha chiesto perché il Papa lascerà il suo incarico proprio alle 20 e non alle 24. Mi ha sorpreso e io ho risposto che forse il Papa vede nella sua vita un significato così liturgico da lasciare dopo la Compieta della liturgia delle Ore. Altri hanno voluto sapere chi fosse Celestino V, molto citato dai media, ma evidentemente poco conosciuto come figura storica».

Molta la curiosità in vista del Conclave. «I ragazzi», racconta Pasquale Troia, «non riescono a immaginare i cardinali completamenti isolati dal mondo, senza essere connessi con un telefonino o un computer. E' complicato anche spiegare l'illuminazione dello Spirito Santo sui cardinali riuniti in Conclave. I giovani fanno fatica a percepire questo concetto. Ma ho notato che gli studenti impegnati in una relazione affettiva lo colgono meglio, evidentemente perché vivono un sentimento che dà loro una percezione meno razionale delle cose». E al nuovo Papa che cosa chiedono i ragazzi del Liceo Farnesina? «Chiedono soprattutto un nuovo modo di parlare. Gli studenti lamentano che spesso il linguaggio dei preti è per loro incomprensibile, come quello dei politici».

Roberto Zichittella

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