Caritas, il ritorno della politica

Il 35° Convegno nazionale si chiude riflettendo, tra l'altro, sulla nobiltà e sull'urgenza dell'impegno nelle istituzioni puntando al bene comune: per i cristiani, un dovere.

23/11/2011
Franco Miano, presidente nazionale dell'Azione Cattolica (foto: Alessia Giuliani/Cpp).
Franco Miano, presidente nazionale dell'Azione Cattolica (foto: Alessia Giuliani/Cpp).

Al forum di Todi c’erano da invitati, ma non da organizzatori «perché l’Azione cattolica è presente laddove si parla di formazione e partecipa alle diverse esperienze, ma senza irrigidirsi in forme strutturate. Siamo presenti nella formazione sociale e politica, ma salvando lo specifico dell’associazione», spiega al margine del convegno della Caritas Franco Miano, presidente nazionale dell’Azione cattolica. Alla platea, riunita a Fiuggi, aveva appena finito di dire che «la politica e la società, per l’Ac non sono due cose separate. Non c’è una politica sulla quale scaricare tutte le responsabilità e una società civile composta da anime belle che non si sporcano le mani».


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La situazione complessiva «preoccupa l’associazione» che cerca, sempre di più «alleanze sul territorio». Torna il tema dei legami
, del radicamento sul territorio, della ricerca del senso della vita. «Occorre un recupero delle finalità e dei perché», spiega Miano, aggiungendo che «per troppo tempo si sono fatte cose fini a se stesse, senza che ci si interrogasse sull’orizzonte ultimo, sulle domande di senso per la vita di ogni persona. Ci si è smarriti in un individualismo senza futuro, rifugiandosi in noi stessi. Questo è invece il tempo di trovare alleanze e di impegnarsi per il bene comune».

Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana di Torino fuori dalla chiesa del Santo Volto (foto: Guglielmo Lobera)
Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana di Torino fuori dalla chiesa del Santo Volto (foto: Guglielmo Lobera)

Gli fanno eco, sulla stessa linea, don Dario Vitali, docente di ecclesiologia presso l’Università Gregoriana e Pierluigi Dovis, direttore della Caritas di Torino. Quest’ultimo sostiene chiaramente che occorre una «sorta di riappropriazione della politica da parte nostra. Per troppo tempo siano rimasti un po’ bloccati dall’enfasi sul pre politico sostenuta negli anni Settanta e Ottanta dopo l’indubbio insozzamento della politica. Ci siamo tuffati nel “sociale” dando vita a tante cooperative, associazioni, enti che hanno fatto crescere il territorio e i territori. Ma quasi indipendentemente dalla politica. Abbiamo ritenuto che, considerata sporca, la politica non ci appartenesse, né ai massimi livelli dello Stato né in quelli micro dei territori. E così abbiamo delegato ad altri l’ambito delle decisioni, costringendoci a rincorrere le carenze o a raddrizzare le storture, quando non riducendoci a mendicare l’approvazione del “contributo economico”».

Un'immagine del 35° Convegno nazionale della Caritas italiana svoltosi a Fiuggi dal 21 al 23 novembre 2011. Tema: La Chiesa che educa servendo carità. Foto: Ansa.
Un'immagine del 35° Convegno nazionale della Caritas italiana svoltosi a Fiuggi dal 21 al 23 novembre 2011. Tema: La Chiesa che educa servendo carità. Foto: Ansa.

Nel pomeriggio, il cardinale Robert Sarah, presidente del pontificio consiglio Cor Unum ha rilanciato l'impegno internazionale di Caritas italiana ricordando che, nel solo 2010, sono stati realizzati 297 micro iniziative e decine di progetti in 56 Paesi del mondo. Ma bisogna ancora impegnarsi. In particolare, ha aggiunto il cardinale, «credo, che dobbiamo occuparci delle cosiddette “nuove povertà” legate all’attacco che le società occidentali stanno portando contro tutta la legge morale, contro la vita, la famiglia, il matrimonio e la dignità della persona umana. Questo è un aspetto che dovremo affrontare nei prossimi anni, perché la vera missione della Caritas è promuovere la grandezza e la dignità della persona umana, come immagine e somiglianza di Dio».

Annachiara Valle
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Postato da Franco Salis il 24/11/2011 16:25

Il mio commento è monco dell'ultimo capoverso,che io per errore non ho trasmesso,tre trascrivo:Tuttavia non posso non constatare, CON GRANDE PIACERE, che gli intendimenti di questo servizio sono in perfetta sintonia col documento “educare alla vita buona del Vangelo orientamenti pastorali della chiesa nel decennio 2010 2020”, e del successivo documento del cardinale Bagnasco, nonché della pedagogia di don Colmegna, contenuta della lectio magistralis” del 10.06.2011 (quanto non mi piace questo definizione : appare in contraddizione con l’umiltà del testo). Buona giornata.

Postato da Franco Salis il 24/11/2011 07:45

Sono d’accordo su tutto , nell’approccio, nei contenuti , nel metodo. Finalmente non leggo un qualcuno che la mattina si alza e comincia a predicare dicendo cose magari studiate…in seminario, e comunque salendo sul pulpito, come a qualcuno piacerebbe tanto. Vedo gente che, accortasi dell’errore metodologico, torna indietro e, ammaestrato dall’esperienza, ripercorre la strada, assieme agli altri. Certamente avete impiegato un bel po’ di tempo, ma anche qui non posso che rilevare l’onestà: il “ritiro” si può datare negli anni Settanta-Ottanta. Posso anche testimoniare (perché presente) “quando non riducendoci a mendicare l’approvazione del “contributo economico”», e, aggiungo io, nonostante “dovuto”. Però se parlate di “dopo l’indubbio insozzamento della politica” dovrete dire più esplicitamente (cioè lo avete detto, ma sarebbe stato meglio più esplicitamente) di essere stati còrrei con il vostro ritiro. Due esempi, primo “La Chiesa che educa servendo carità”. Indipendentemente dalle intenzioni, l’uso dell’indicativo presente (che educa) assume carattere di presente storico: falso nel passato l’educazione della Chiesa è stata improntata a feroce violenza. Secondo, ma gli uomini di chiesa, durante il ritiro politico, stavano forse fra la gente che “ non si sporcava le mani”, o ha messo in essere atti fra i più riprovevoli? (vedi mio commento a “Il Papa nel Benin: Africa ti amo” del 21.11.2011).

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