24/09/2012
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«La Chiesa è rimasta forse l’unica a lottare per i diritti veri dei bambini, come degli anziani e degli ammalati, della famiglia, mentre la cultura dominante vorrebbe isolare e sterilizzare ciò che di umano resta nella nostra civiltà». Dando avvio questo pomeriggio ai lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco non ha lesinato parole forti per descrivere l’attuale situazione.
I mesi appena trascorsi, ha spiegato il presidente della Cei, sono stati «particolarmente impegnativi e intricati» e «dettagliano una condizione sempre più complessa, per noi italiani come per l’Europa. Non si è infranto un equilibrio da riaggiustare; è accaduto qualcosa di più consistente e profondo che ha portato a galla di colpo le contraddizioni, le ingenuità, le fughe in avanti, gli squilibri, i rinvii accumulatisi nei decenni e sui quali evidentemente ci si illudeva di continuare a lucrare».
Una constatazione di fondo, a motivare l’attenzione dei vescovi anche verso questa dimensione socio-politica: «La vita del nostro popolo ci tocca e le condizioni di essa ci interrogano. Vogliamo essere gli araldi del Vangelo, e dunque della speranza. Forse, talora, anche scomodi, ma certo appassionati del comune destino, e per questo vedette insonni di un’alba già possibile».
Di qui la denuncia chiara: «C’è carenza di quella visione capace di tenere insieme i diversi aspetti dei problemi e coglierne i nessi, abbarbicati come spesso si è alla propria visione di parte, quando non al proprio tornaconto personale. Bisogna che si reagisca con un ripensamento anzitutto spirituale e morale, il quale solo può abilitare ad un realismo crudo ma fiducioso, aperto al superamento non demagogico della situazione».
Facendo riferimento alla stretta attualità, il cardinale ha denunciato che «quando, per interessi economici, sull’uomo prevale il profitto, oppure, per ricerca di consenso, prevalgono visioni utilitaristiche o distorte, le conseguenze sono nefaste e la società si sfalda». Perciò «dispiace molto che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile. Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a sottovalutare. Ed è motivo di disagio e di rabbia per gli onesti».
Saverio Gaeta