03/06/2013
Le memorie stanno lì in un fazzoletto di terra ai piedi del Monte Canto. Adesso sono cinquant’anni che lui è morto, gli occhi che si spegnevano su un piccolo crocifisso di avorio, che aveva voluto ai piedi del letto nella stanza del Palazzo apostolico in Vaticano. Sotto il Monte è un pugno di case e di chiese, tra collina e pianura, che degrada verso l’Adda, memorie di un santo e di un Papa audace. Sotto il Monte è il contrappunto della fede e dei gesti, delle parole e dei ricordi di Giovanni XXIII, Angelo Roncalli. Giovanni Paolo II, quando venne qui il 26 aprile 1981, disse: «Sembra di vederlo per queste strade, per questi colli, tra queste case, il suo caro nido di Sotto il Monte».
Adesso che la Chiesa e il mondo ricordano il Papa del Concilio, Sotto il Monte diventa anche un “progetto”, archetipo futuro di un pellegrinaggio alle fonti della fede di un uomo che ha segnato la storia del Novecento e ha rinvigorito le radici della Chiesa. Sotto Il Monte è il santuario del Concilio. Lo dice sottovoce don Claudio Dolcini, parroco di un Papa e del suo territorio: «Qui assistevamo a una sorta di randagismo religioso, visita turistica senza memoria, passaggi veloci dalla casa natale di Roncalli, uno sguardo alla parrocchiale, un’occhiata alla chiesa dove venne battezzato, un paio di santini, una candela». Hanno calcolato la media di permanenza dei pellegrini: tre quarti d’ora. Troppo poco per conoscere l’uomo e la sua gente, la terra dove per 33 anni Angelo Roncalli tornava d’estate, fino al 1958, vigilia della sua elezione a Sommo Pontefice.
Lui questa terra l’amava, s’aggrappava agli affetti, ai valori, alle tradizioni. Più volte l’evocava in Vaticano quando riceveva i pellegrini bergamaschi. Don Claudio narra la storia di un’idea, elaborata con il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, che intreccia la memoria dei luoghi e la devozione con la portata di un pontificato che ha illuminato un orizzonte nuovo per la Chiesa e il mondo.
Sotto il Monte squaderna virtù e parole, mostra la fede semplice e possente di Roncalli, oltre l’oleografia del quadretto del Papa Buono.
Nella nuova Casa del pellegrino, inaugurata da pochi mesi, cuore delle celebrazioni dei 50 anni dalla morte, il progetto messo a punto dalla diocesi di Bergamo con l’associazione locale e l’amministrazione comunale, pone subito all’attenzione dei pellegrini il bagaglio enorme di equilibrio, prudenza, pazienza e insieme di audacia di papa Giovanni, accanto alle sue opere, i suoi scritti e i tanti libri che raccontano il Concilio.
Sono le parole del Giornale dell’Anima e quelle del Concilio le lampade dei pellegrini. La chiesa parrocchiale ha vicende complicate per via della terra che
scivola verso la pianura e calcoli non troppo perfetti circa la sua
staticità. La consacrò Roncalli nel 1929, quando era visitatore
apostolico in Bulgaria. Poi cadde la calotta e restò chiusa per molti
anni. Era sbarrata anche quando venne eletto al soglio di Pietro. Fu
il Governo italiano a porsi il problema e arrivò il Genio civile che la
mise in sicurezza. Roncalli nel 1960 donò l’altare maggiore e poi un
quadro di san Giuseppe che acquistò a Istanbul nel 1938. Accanto alla
chiesa ne è stata costruita un’altra negli anni ‘70, chiamata cappella
della Regina della Pace. C’è qualche ricordo di papa Giovanni, una
talare bianca, un paio di scarpe e un canestro colmo di preghiere e di
suppliche.
Ma se il Concilio è uno degli orizzonti del pellegrinaggio a Sotto il
Monte, scendendo nella cripta si scopre tutto il resto,che è poi solo
un crocifisso. C’è il motto del suo pontificato: Oboedientia et pax.
Ma quel crocifisso rapisce ogni sguardo,nudo d’avorio, un fascio di
luce potente che trafora il buio, quello che aveva davanti al letto il
giorno della morte e che lo ha sempre accompagnato. Il 31 maggio1963
Roncalli scriveva: «Nelle mie conversazioni notturne ho sempre avuto
davanti a me questo Gesù crocifisso,con le braccia aperte per ricevere
tutti». Accanto, nella teca di cristallo che aveva accolto il corpo del
Papa fino a quando venne traslato dalle grotte vaticane nella basilica
di San Pietro, c’è il calco del volto e della mano eseguito da Giacomo
Manzù appena dopo la morte.Osserva don Claudio: «È l’obbedienza al
Crocefisso, all’uomo che si assume su di sé le sofferenze dell’umanità,
il cuore della spiritualità giovannea».
La cripta la descrive con semplicità assoluta, luogo di meditazione
ancorata ad altre parole di papa Giovanni, lasciate alle riflessione del
pellegrino: «Vengo dall’umiltà e fui educato a una povertà concreta
e benedetta». Adesso bisogna scendere la collina, due passi fino alla
chiesa di Santa Maria Assunta di Brusicco, la chiesa del battesimo del
piccolo Angelo Roncalli. Figlio di Giovanni Battista Roncalli e Marianna
Giulia Mazzola, primo maschio dopo tre bambine a cui seguirono altri
nove figli, fu battezzato la sera del 25novembre 1881 da don Francesco
Rebuzzini,il sacerdote che ebbe un ruolo fondamentale nella sua
educazione.
La chiesa è del 1450. Qui Roncalli ha ricevuto la prima Comunione e ha
celebratola prima Messa il 15 agosto 1904. C’è una signora che prega in
ginocchio.Viene tutti i giorni verso mezzogiorno.Il 16 maggio ha
festeggiato 54 anni di matrimonio, nozze benedette da papa Giovanni in
Vaticano. Maria Galimberti ha sposato Flaviano Roncalli, figlio di un
fratello del Papa. Nella casa natale davanti alla chiesa c’è una foto
dei Roncalli. Erano originari di Roncaglia, frazione della Valle Imagna,
due passi oltre le colline,in faccia al Resegone. In una stanza,ora
museo, c’è l’albero genealogico.Gente povera, timorata di Dio, bocche da
sfamare schiantando le schiene nei campi. Il 4 dicembre 1900 il sindaco
di Sotto il Monte certifica “la miserabilità”del capofamiglia: «Non
tiene possidenze, né capitali fruttiferi, né altri redditi lucrativi».
Coltivavano cinque ettari di terra proprietà dei conti Moriani. Il papà
ripeteva ai figli: «Il Signore è grande e buono,innanzi a noi ci sono i
campi, in alto il bel sole, dentro c’è la grazia di Dio».
Ora la casa natale fa parte di un grande complesso che Roncalli volle
affidato al Pime, il Pontificio istituto missioni estere, che conobbe e
amò quando,tra il 1921 e il 1925, fu destinato a direttore per l’Italia
dell’Opera della propagazione della fede. Voleva che a Sotto il
Monte le missioni fossero visibili.Dalla casa natale una strada stretta
sale verso la chiesina della Madonna delle Canève, Madonna delle Cantine
per via dei vigneti attorno. Era la passeggiata di Roncalli, meno di un
chilometro, il tempo di un rosario. Pina Chiappa se lo ricorda, il
cardinale, che d’estate tornava parroco: «Celebrava la Messa e si
fermava a colazione, caffè, latte e biscotti».
Era giovane, ricorda Pina, un velo di tristezza negli occhi. In questa
piccola chiesa nel 1958 celebrò l’ultima Messa a Sotto il Monte. Era
patriarca a Venezia. Da lì a due mesi sarebbe diventato Papa.Roncalli
amava soprattutto due santuari della sua terra. La piccola chiesa di
Canève e la grotta di Cornabusa, “rocca bucata”, santuario mariano
spettacolare in Valle Imagna. Ci salì a piedi quell’estate del 1958. C’è
una foto che lo ritrae sudato in ginocchio davanti alla piccola statua
di legno salvata dalla gente della valle, che si rifugiava nella grotta
durante i conflitti tra guelfi e ghibellini,Papa e imperatore, intorno
al1300, lotta sanguinosa nelle valli del Bergamasco. Una pastorella
sordomuta ritrova la statua tempo dopo, prega e vede sgorgare dell’acqua
con la quale si bagna il volto e torna a parlare.
È una storia bella e misteriosa quella della Madonna della Cornabusa,
fede popolare e grazie per gente poverissima costretta a emigrare, che
affascina Roncalli e si innesta nella spiritualità giovannea: fede,
sofferenza, umiliazioni,ma anche riscatto. Nel cinquantesimo di
ordinazione, 1954, Roncalli sale alla Cornabusa e per cinque giorni
prega davanti alla piccola statua di legno.La sua stanzetta è ancora lì,
intatta come allora. Don Alessandro Locatelli,parroco di Valle Imagna e
rettore del santuario, si è rimesso a studiare le carte,gli ex voto, le
storie dei pellegrini edella gente della valle. Osserva: «La grotta è
stata rifugio dalla violenza, ha protettola vita, ha costruito la pace.
Ci sono tutti i temi giovannei dall’adesione a Dio al mutuo rispetto,
all’inviolabilità della persona, alla solidarietà». Cornabusa è il sigillo di Sotto il Monte.
Alberto Bobbio