06/06/2013
Padre Vitangelo Denora, gesuita, delegato per i collegi della provincia d'Italia e d'Albania e direttamente responsabile per le scuole di Torino, Milano e Napoli. Foto Riccardo Venturi/Contrasto.
Pensare con la propria testa e amare con il proprio cuore. Sapere che i talenti ricevuti vanno coltivati non solo per sé stessi, ma messi a disposizione del mondo. Le scuole dei Gesuiti – oltre 5 mila studenti in Italia e circa due milioni nel mondo– continuano a proporre un modello educativo che ha come obiettivo, con le parole di padre Pedro Arrupe, quello di «formare uomini con e per gli altri», di far capire a ciascuno quali sono le sue qualità e come metterle a disposizione degli altri «per costruire un mondo più umano e più giusto».
All’appuntamento con il Papa, in aula Nervi il 7 giugno, arrivano in oltre 9mila. Molti anche da Scutari, dal liceo Atë Pjetër Meshkalla, l’ultima scuola aperta dai Gesuiti italiani. È l’unica, delle sette, fuori dal territorio nazionale.Insieme con loro, gli alunni del Sociale di Torino, del Leone XIII di Milano, del Massimo di Roma, del Pontano di Napoli,del Sant’Ignazio di Messina, del Centro educativo ignaziano a Palermo.Hanno preparato disegni, poesie,lettere e domande. Dai più piccoli delle scuole materne fino agli studenti delle superiori ciascuno ha un suo pensiero da consegnare a Francesco. Con lo stile tipico di queste scuole che è quello di lasciare la parola agli studenti più che agli insegnanti. «È una tradizione antica che viene da sant’Ignazio», spiega padre Vitangelo Denora, delegato per i collegi della Provincia d’Italia e di Albania e direttamente responsabile per le scuole di Torino, Milano e Napoli.
«Sant’Ignazio pensava a una pedagogia più attiva: non il professore che parla,ma gli alunni che intervengono, che fanno molto lavoro personale e cooperativo. Il tutto, e questa è una nostra caratteristica che anche molti ex alunni ci riconoscono,per arrivare a sviluppare il pensiero critico, per aiutare le persone a pensare con la propria testa». La rete italiana fa parte di una più vasta che comprende, nella sola Europa, 170 istituti. Scuole all’avanguardia per ricerca e tecnologie, che si rifanno però tutte al modello pedagogico ignaziano, cioè, spiega padre Denora, «a una didattica molto laboratoriale, molto centrata sulla persona e sul percorso che ciascuno ha.Ognuno è chiamato a scoprire le proprie passioni, i propri talenti, a nascere a sé stesso, a vivere da protagonista».
Foto Riccardo Venturi/Contrasto.
Quando la prima scuola fu aperta a Messina nel 1500, con l’idea di
aiutare le persone a partecipare ai cambiamenti che si stavano
producendo intorno a loro, una delle frasi più usate dai gesuiti era «il
mondo è la nostra casa». Oggi,spiega padre Denora, «le frontiere
della nostra pedagogia sono ancora quelle di costruire cittadini del
mondo, aperti a quello che sta succedendo intorno a noi, a loro. Il
mondo si fa più grande, più connesso e l’apertura è una delle
caratteristiche che devono avere oggi i ragazzi per abitare questo mondo
da protagonisti. Dobbiamo aiutare i ragazzi a vivere il mondo come la
loro casa». Concretamente, significa imparare le lingue, usare le nuove
tecnologie. In ogni classe c’è la lavagna elettronica e si usa il tablet
per insegnare che gli strumenti possono servire anche per la scuola,
per apprendere, per costruire la lezione insieme con gli insegnanti. In
modo gioioso, altra caratteristica del metodo ignaziano.
E poi l’apertura agli altri, anche con l’inserimento, per esempio,
dello studio del cinese come lingua curriculare per gli studenti del
liceo classico di Torino e come attività integrativa pomeridiana per gli
altri istituti. Alle ultime classi, poi, viene proposta la gita di
fine anno a Pechino. Sempre a Torino, ma anche a Milano, è stato avviato
il liceo sportivo. Per i liceali di tutti gli indirizzi sono previsti,
nei programmi obbligatori,i campi missionari. Volontariato in Italia o
all’estero, in particolare in Romania e Perù. E poi attività espressive,
laboratori d’arte, teatro.Seguiti da docenti formati con appositi
corsi, gli studenti imparano «a sorgere a sé stessi e ad abitare il
mondo», sottolinea padre Denora.
Spesso da protagonisti, come dimostra la storia dei tanti uomini
politici, scienziati, imprenditori,artisti che sono passati dai banchi
dei Gesuiti. Qualcuno entra anche nella Compagnia di Gesù, ma questo non
è l’obiettivo. «La nostra tradizione», conclude Denora, «è più
laica e ha la caratteristica della totale gratuità. Gesù non guariva le
persone perché poi lo seguissero.Le guariva perché si tirassero su e
andassero per il mondo a testa alta. È quello che cerchiamo di fare
anche noi facendo sì che i ragazzi, che spesso non ci credono, diventino
consapevoli della loro dignità. Per essere capaci di scoprirei propri
talenti e di utilizzarli a servizio dell’umanità intera».
Annachiara Valle