Immigrazione e gioco d'azzardo, Fulvia Prever

01/02/2012

 

In questo momento, molti sono gli stranieri che vivono sul nostro territorio in modo regolare, lavoratori spesso sottopagati, che versano contributi anche per le nostre pensioni e muovono l'economia; sono immigrati il 10 per cento dei dipendenti e i titolari del 3,5 per cento delle imprese italiane.
 
Pagano 7 miliardi e mezzo di euro di contributi previdenziali. Dichiarano al fisco un imponibile di 33 miliardi di euro; a questi si aggiungono anche gli irregolari, circa 1/10 degli stranieri con permesso di soggiorno, con una condizione di vita ancora più difficile e complessa; alcuni di loro sono comunque occupati “in nero” e sostengono soprattutto edilizia e lavoro domestico. I dati Caritas ottobre 2010 ci dicono che gli stranieri regolarmente presenti in Italia sono 4.500.000 circa, (includendo l'ultima regolarizzazione) più circa 400.000 irregolari.

Secondo Jamma, (nov. 2010) l'Italia dei consumi e della politica fa ormai i conti con un universo sempre più influente in termini di scelte: quello degli immigrati. Il 78% degli immigrati maggiorenni nel nostro paese annovera un reddito da lavoro che mediamente si attesta a 899 euro al mese, ovvero sufficiente per destinarne anche una piccola parte al settore dei giochi.

Secondo la ricerca “I consumi dei migranti” condotta da Gfk Eurisko, a tanto ammonta, infatti, il guadagno procapite di quelle persone che in Italia vivono, lavorano ma non hanno la nazionalità.

Mediamente un nucleo familiare di tre persone dispone di circa 1.200 euro al mese. Una cifra dalla quale scaturisce un risparmio medio che si stima per nucleo familiare pari a 169 euro al mese e che costituisce gran parte delle rimesse che gli immigrati inviano in patria soprattutto ai propri genitori (52%).

Questo però non impedisce loro di tentare la fortuna e, non a caso, proprio quest'anno si registra un sensibile incremento della quota di spesa destinata per lo più alle lotterie e alle slot a vincita limitata. Per quanto concerne la spesa quotidiana, il cibo è comunque la principale voce di spesa: il 96 per cento degli immigrati lo mette al primo posto, il 94 per cento, invece, indica tra le uscite più significative la ricarica del cellulare.

Di soldi per uscite e intrattenimento se ne spendono davvero pochi, ma, per la prima volta, come detto, aumenta la spesa per i giochi e le scommesse.

E' purtroppo vero, infatti, in relazione a una situazione economica modesta e spesso precaria, che anche per gli immigrati il gioco rappresenta, più che uno svago, un modo di tentare l'uscita dalla precarietà, di dare una svolta alla propria esistenza, il disperato inseguimento di un sogno di affrancamento.

Esattamente come per gli italiani, sono i ceti medio - bassi che giocano di più e che hanno quindi la più alta probabilità di sviluppare un gioco compulsivo; rischiano di rovinarsi al punto di andare sotto la soglia di povertà.

Per comprendere il fenomeno, oltre che ai parametri conosciuti, si deve però aggiungere la comprensione del ruolo che il gioco d’azzardo ha nelle varie culture di provenienza, e come questo si interseca col percorso migratorio; poco si sa, perché in questo settore non esistono ricerche specifiche, anche se sulla base delle osservazioni dei luoghi di gioco, questo target sta cominciando a destare un certo interesse per la rilevanza che sta assumendo.

Per i sudamericani, ad esempio, lotterie e Bingo sono molto collegati alla storia precedente alla migrazione; per i cinesi, in una situazione in patria dove il gioco d’azzardo è assolutamente proibito, (niente casinò né altre postazioni di gioco) le scommesse e il mahjong sono regolari pratiche clandestine e fanno parte integrante del modo di vivere.

I cinesi hanno una grande passione per tutti i giochi, compresi quelli d’azzardo e per l’aspetto simbolico scaramantico della vita; a Milano iniziamo a vedere la loro presenza in sale giochi e bar, dietro le slot machines, e sappiamo che esistono quotidiane gite organizzate da connazionali che portano questi lavoratori, presso i casino svizzeri e di frontiera, dove si affollano alle slot e al Banco Punto, il loro gioco preferito.

Abbiamo, inoltre, la consapevolezza che i cinesi hanno spesso gestito bische clandestine e sale giochi irregolari in Italia.

Vediamo fuori dai Bingo sempre più donne dell’est, badanti, colf, impegnare tutti i propri guadagni, vediamo magrebini presso le sale corse e nelle sale giochi.
 
Possiamo facilmente immaginare che per queste persone, che si sono appena affrancate a fatica da un percorso illegale, rimanere economicamente a terra vuol dire una facile retrocessione nel mondo della delinquenza e dell’illegalità.

Questo rappresenta un problema per tutti, perché le ricadute di un aumento del disagio psicosociale degli stranieri residenti sul territorio italiano sono destabilizzanti per tutto l’assetto sociale.

Non è quindi per sola solidarietà, peraltro fondamentale per un recupero di una dimensione meno centrata sul consumo/profitto, ma anche per lungimiranza politica, che saremmo tenuti a trovare strumenti per affrontare tutto ciò.

Possiamo dire, inoltre, che i servizi preposti alla cura e assistenza della dipendenza dal gioco patologico, non intercettano quasi mai giocatori stranieri, poiché non sono in alcun modo pensati per interfacciarsi in modo costruttivo con un’utenza straniera, perdendo in questo modo la possibilità di monitorare il fenomeno e di intervenire sul problema.

Fulvia Prever, psicoterapeuta, Associazione AND – Azzardo e Nuove Dipendenze 

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