01/02/2012
La figura dell'AdS, pur essendo stata concepita per altre tipologie di difficoltà, può rivelarsi assai utile anche in tutte quelle circostanze dove sia opportuno (per la tutela della persona interessata) limitare e sostenerla in alcune sfere dell'agire.
Caso emblematico è il ricorso all'AdS nel caso di pazienti affetti da Gioco d'Azzardo Patologico (disturbo psichiatrico riconosciuto sin dal 1980 dal DSM III - Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Mentali).
Per alcune delle persone colpite da questa patologia l'uso dello strumento giuridico dell'AdS è quanto mai opportuno, per varie motivazioni di seguito descritte.
Innanzi tutto, perché la patologia colpisce tipicamente solo alcune sfere della vita dei soggetti che ne sono affetti.
In particolare, il giocatore patologico pur conservando capacità di intendere le conseguenze dei suoi atti, fallisce nella capacità di volere: in altre parole, non riesce a trattenersi dal giocare, perdendo il controllo del suo agire, pur consapevole delle conseguenze deleterie del suo comportamento.
Ecco allora che la sfera della gestione del denaro risulta fortemente compromessa.
Non solo viene speso al gioco il denaro necessario per il vivere quotidiano, ma è frequente il ricorso all'indebitamento impulsivo per proseguire l'attività di gioco nel miraggio (vera e propria disfunzione del pensiero) di riuscire un giorno a risanare la situazione mediante una vincita risolutoria (che tuttavia anche quando accade, comunque alimenta ulteriore attività di gioco, proprio perché la persona non riesce a smettere, a prescindere dal fatto che vinca o che perda).
La conseguenza di tale comportamento di prodigalità incontrollata si riflette sia sul giocatore, sia sui suoi familiari, ma anche su chiunque a vario titolo intrattenga relazioni economiche con questi pazienti (si pensi ad esempio a dipendenti da gioco che gestiscono una cassa oppure a titolari di attività economiche).
La seconda considerazione che rende opportuno considerare questo strumento giuridico nel disturbo da gioco d'azzardo patologico ha a che vedere con la sua transitorietà.
Infatti, pur trattandosi di patologia invalidante vi è sempre la speranza e la possibilità del recupero e della riabilitazione mediante trattamenti mirati.
Tale carattere evolutivo del disturbo quindi non rende opportuno pensare all'interdizione o inabilitazione, che risulterebbero assai penalizzanti in caso di recupero del paziente.
Ecco allora che un AdS potrà supportare il beneficiario in relazione alla gestione del denaro per il tempo strettamente necessario affinché egli si affranchi stabilmente dalla patologia del gioco, e tale figura non gli sarà più indispensabile una volta recuperata l'astinenza dal gioco, corroborata da un radicale cambio nel suo stile di vita e nei suoi valori di riferimento.
La terza considerazione riguarda chi è opportuno che ricopra il ruolo di AdS per un giocatore patologico.
A differenza di altre situazioni, spesso non è affatto opportuno che tale ruolo sia assegnato ad un familiare. Ciò per varie ragioni.
Innanzi tutto, il familiare intrattenendo una relazione affettiva con il giocatore è soggetto alle sue pressioni psicologiche (ma a volte anche "fisiche", essendo possibili veri e propri casi di violenza domestica): nei momenti di "craving", il giocatore "contenuto" infatti sentirà ancora l'impulso impellente a giocare (specie all' inizio della riabilitazione) e dunque utilizzerà ogni strategia a sua disposizione per "convincere" chi gli è intorno ad affidargli denaro (che poi invariabilmente finirà in gioco d'azzardo).
In secondo luogo, il gioco d'azzardo patologico è un disturbo di famiglia, nel senso che non sono rare situazioni di co-dipendenza, strutturatesi nel tempo: il percorso del giocatore e del familiare è stato spesso parallelo e ciascuno nel tempo è finito sempre più in una spirale ripetitiva da cui sarebbe difficile uscire senza garantire ad entrambi una discontinuità netta rispetto al passato.
Per tale ragione, il familiare che a lungo ha assunto ruoli di controllore è bene che sia sollevato da tale funzione per tornare ad occuparsi di altri aspetti che lo riguardano e che sono andati in fumo negli anni di gioco del congiunto, ma che sono necessari per il cambio di stile di vita complessivo che faciliterà l'assunzione di nuovi modelli comportamentali anche per il giocatore.
Ciò rende dunque inopportuno che sia un familiare a ricoprire la funzione di AdS, perché anzi ciò esporrebbe il familiare stesso a rischi che potrebbero persino compromettere l'efficacia stessa della misura, come pure incidere negativamente sull'intero processo di recupero: l'aumento della conflittualità tra coniugi, il ribaltamento dei ruoli nel caso in cui il giocatore fosse un genitore e l'amministratore un figlio, la sottolineatura di dipendenza e mancato svincolo nel caso il giocatore fosse un figlio giovane adulto e il genitore l'amministratore sono tutte situazioni ostacolo per la riabilitazione clinica di questi pazienti e da evitare.
L'amministratore di sostegno deve essere necessariamente una figura esterna, neutrale, che ben conosca le dinamiche del giocatore e che sia in grado di fronteggiarle anche con una competenza specifica sulla patologia.
In conclusione, la valutazione della misura dell'AdS e di chi debba di fatto ricoprire concretamente tale ruolo nel caso della patologia da gioco d'azzardo, stante la peculiarità e la delicatezza del processo, è opportuno sia effettuata congiuntamente di volta in volta dal giudice tutelare e dalla famiglia, anche con l'ausilio indispensabile di tecnici esperti della materia, che in particolare abbiano maturato significativa esperienza nel trattamento di giocatori d'azzardo patologici e loro familiari (e non genericamente nelle dipendenze da sostanze o in altre patologie psichiatriche) per identificare tempi, metodi e interlocutori opportuni a sostenere il beneficiario in linea con il suo percorso di cura.
Daniela Capitanucci, psicologa, Associazione AND-Azzardo e Nuove Dipendenze