L'annello debole della catena. Essere figli in una famiglia con un problema di gioco, Daniela Capitanucci

01/02/2012

  “Questa è la storia vera di blasone nobiliare, uno scudo con nove palle e una corona. Una storia di grandi fortune ereditate e perse al gioco, della casa dove sono nata, e delle sue mille anime, di quelli che ci hanno vissuto, di ardenti vite lontane, di stirpi di cani, di mancati suicidi, di una bambina a cui, prima che imparasse a leggere, fu insegnato il coraggio … , di esilio, di povertà, di abbrutimento, di miseria, di malattia e di morte, di salvazione.Questa è la storia di una famiglia felice come tante e di una famiglia infelice come una sola, l’unica famiglia che conosco: la mia.”
(Rosa Matteucci, “Tutta mio Padre”, Ed. Bompiani, 2010)
 
Per ogni individuo la famiglia è uno dei luoghi privilegiati di costruzione sociale della realtà, uno spazio fisico, relazionale e simbolico cruciale all’interno del quale gli eventi della propria vita individuale e relazionale acquistano significato diventando parte della nostra esperienza.

L’ambiente familiare può essere protettivo (i contesti caratterizzati da affetto, condivisione e prosocialità riducono la probabilità di sviluppare condotte a rischio e disturbi psicologici), ma la famiglia può trasformarsi anche in fattore di rischio.

Che cosa accade in caso di presenza di gioco d’azzardo patologico in uno o entrambi i genitori? Tutte le dipendenze comportano rischi per il benessere proprio e altrui.

La dipendenza da gioco d’azzardo può produrre in breve tempo effetti tangibili anche dai familiari: si può perdere la casa in pochi minuti; ma quella “casa” (materiale ed affettiva), anche quando è ancora in piedi, raramente è un luogo sicuro dove un bambino o un adolescente o persino un adulto si sente protetto, accudito e sereno.

La famiglia svolge diverse funzioni fondamentali per lo sviluppo armonico della persona. La funzione protettiva è quella tipica del genitore. Consiste nell'offrire cure adeguate ai bisogni del bambino. Determina quell'esperienza fondamentale che Bowlby (1982) ha chiamato “base sicura” che consente lo sviluppo di una personalità sana, non dipendente, capace di fidarsi degli altri, selezionando su chi poter far conto e chi no.

La famiglia in cui un genitore gioca d’azzardo in modo eccessivo non è protettiva: non è in grado di garantire una base sicura né emotiva né materiale.

Il bambino che vive in una famiglia dove c’è un problema di gioco non è al centro, spesso trascurato emotivamente e fisicamente, naviga su un mare in tempesta in relazione al quale poco o niente può fare e in cui è persino difficile stare solo a galla.

La funzione affettiva definisce “sintonizzazione affettiva” quella capacità dei genitori di entrare in risonanza affettiva con il figlio.
Quando in una famiglia è presente un giocatore patologico viene meno la funzione affettiva della famiglia: difficilmente vi è lo spazio psicologico per occuparsi dei bisogni emotivi del figlio.

La funzione regolativa consente al bambino di “regolare” i propri stati emotivi e organizzare l'esperienza e le risposte comportamentali adeguate che ne conseguono.

Nella famiglia di un giocatore patologico la funzione regolativa genitoriale spesso è carente.

E’ “iper” quando il genitore non dà modo al bambino di manifestare i propri bisogni, fornendogli subito delle risposte; è “ipo” quando vi è una totale mancanza di risposte; è “inappropriata” quando i tempi delle risposte non sono in sincronia con il bambino.

La dinamica di risposta ai bisogni del figlio in queste famiglie è modulata dagli eventi esterni (ad esempio, la situazione di gioco/non gioco del genitore con tutte le sue conseguenze, prima tra tutte la disponibilità dei genitori a farsene carico in quel preciso momento), piuttosto che dalle esigenze del bambino stesso.

La funzione normativa consiste nella capacità di dare dei limiti. Quando tuttavia il genitore giocatore è in difficoltà col dare a se stesso dei limiti e il coniuge è affannato sul versante del controllo inefficace, come potrebbero darne ai loro figli, in modo contenitivo, stabile e coerente?

La funzione predittiva è la capacità del genitore di percepire in modo realistico l'attuale stadio evolutivo del figlio e intuire quei comportamenti che promuovono e sviluppano il nuovo comportamento. La funzione rappresentativa è la capacità di modificare continuamente le proprie rappresentazioni in base alla crescita del bambino e all'evolvere delle sue interazioni, facendo nuove proposte o cogliendo i suoi segnali evolutivi emergenti.
 
Le famiglie in cui vivono i figli dei giocatori patologici sono in difficoltà ad abbinare adeguatamente età e stadio evolutivo dei figli (richiedendo loro compiti inappropriati oppure svalutando risorse già presenti).
 
In aggiunta, sul bambino vengono impropriamente proiettati compiti e funzioni riparatori dell’intero sistema familiare (funzione proiettiva).

Specialmente il coniuge non giocatore, ancor più se è la madre, finisce con il riporre nel figlio attese magiche di sostegno e risoluzione di problemi che non dipendono da lui. Oppure, il figlio diviene motivo per mantenere immutabile la situazione familiare.

E’ un figlio che non può svilupparsi come “altro” dai genitori bisognosi di aiuto, è un figlio con un compito: quello di “essere per altri”, ingabbiato in una oscillazione dinamica che si snoda tra rabbia e colpa, tra paura, incertezza e senso di tradimento e danno procurato.

La funzione significante è quella in cui la madre crea una cornice, un contenitore dentro il quale egli inizia a pensare.

Nelle famiglie dove è presente un problema di gioco tra i genitori nessuno dei due ha le risorse per creare una cornice che possa dare senso all'azione del bambino, ai suoi bisogni, ai suoi gesti, ai suoi movimenti, alle sue espressioni, inserendolo in un mondo di significati.

L’unico significato in queste famiglie è quello dell’emergenza e dell’imprevedibilità quotidiana, giorno dopo giorno: tutte le energie e l’attenzione dei genitori sono legate al qui e ora, distolte da ogni altra istanza, impossibilitate ad inserire qualsiasi evento in un progetto articolato nel tempo.

La nascita di un bambino implica un passaggio dei genitori ad uno stato nuovo: da “figli” a “genitori” ricomponendo reale e fantasticato favorendo la nascita di una nuova identità, connubio tra fantasia e realtà (funzione fantasmatica).

Nelle famiglie GAP l’ammissione di avere una dipendenza dal gioco o la scoperta di un problema di gioco nel proprio congiunto fa riaffiorare il passaggio incompiuto, il senso di un fallimento individuale, che rievoca fantasmi dal proprio passato.

Ciò che è un passaggio non riuscito per un genitore, non può esserlo per un figlio.

La funzione transgenerazionale è l’immissione del figlio dentro una narrazione che coincide con la storia della propria famiglia, è il continuum generazionale dove si inserisce la nascita, dentro le rispettive storie familiari dei genitori e a come si colloca la nascita del figlio in quel particolare momento della storia generazionale. L

La presenza di un genitore GAP in una famiglia riduce la possibilità che si realizzi una storia familiare transgenerazionale (quando questa già non si era interrotta in precedenza per altri motivi).

Il gioco patologico induce segreti e innalza barriere. Non si deve sapere che esiste questo problema, e per quanto possibile, la famiglia nucleare lo serba gelosamente come una macchia da non mostrare, men che meno agli altri parenti.

La funzione triadica è la capacità dei genitori di avere tra loro un'alleanza fatta di sostegno reciproco, la capacità di lasciare spazio all'altro genitore o di entrare in una relazione empatica con il partner e con il bambino.

Quando la coppia genitoriale è in crisi a causa del gioco eccessivo e delle sue conseguenze, il clima è conflittuale e spesso denso di emozioni sgradevoli, lo spazio del figlio è squilibrato, comunque legato al momento vissuto dalla coppia: alleanze, ribaltamento di compiti, tensioni, allontanamenti, illusioni e delusioni, … raramente nella posizione figlio/genitore.

La funzione differenziale ha a che fare con la declinazione della genitorialità in due differenti modalità di esprimersi: la modalità materna (maternalità -> accudimento delle parti più fragili, trasmissione di fiducia e speranza) e quella paterna (paternalità -> lealtà nelle relazioni, trasmissione dei beni morali e materiali).

In famiglie GAP il genitore che non gioca in genere si carica di tutti i ruoli - maschile e femminile, paterno e materno.

Ciò che lamentano queste famiglie è spesso proprio la mancanza di fiducia e speranza (che sono alla base dell’espletamento della funzione materna), ma anche di lealtà nelle relazioni e capacità di trasmettere beni sia morali che materiali (che sono alla base dell’espletamento della funzione paterna), erosi dall’attività di gioco.

Quando uno o entrambi i genitori ha un problema di gioco d’azzardo il minore vive emozioni contrastanti: può sentirsi trascurato, ferito, spaventato, depresso, impotente e persino arrabbiato.

Spesso è possibile che in famiglia vi siano discussioni accese a causa del gioco e dei soldi spesi, e a volte ne scaturisce persino violenza fisica.

Il giovane può pensare di essere la causa dei problemi dei genitori e che se “farà il bravo” il problema cesserà.

Alcuni figli di giocatori patologici debbono occuparsi dei loro fratelli e delle loro sorelle minori, e a volte cercano persino di farsi carico del problema dei genitori dando una mano in casa e sostituendosi a loro in molti compiti.

Questa prematura assunzione di responsabilità può dar luogo ad intenso stress e notevole disagio.

A volte, capita che i ragazzi che vivono questa situazione prendano le parti di uno o di entrambi i genitori, contribuendo a nascondere il problema di gioco fuori dalla famiglia, e cercando di controllarli.

Nel giro di poco tempo arrivano a perdere la fiducia nei genitori in quanto questi, a volte, fanno promesse che poi non mantengono.

Questa situazione difficile comporta che i figli dei giocatori possano sviluppare una serie di disturbi evolutivi sul piano somatico, cognitivo e motivazionale, sia in termini di maggiore fragilità che di maggiore rischio evolutivo in diverse aree della propria salute psicosociosanitaria.

La letteratura scientifica ha osservato una maggiore presenza di fattori di rischio psicosociale quali conflittualità familiare, separazioni, divorzi, infanzia e adolescenza infelice, problemi economici, legali e penali in famiglia, complessiva carente qualità della vita durante la giovinezza; maltrattamenti e trascuratezza; rischio di abusi 10-17%; disturbo da stress post traumatico; disturbi nell’attaccamento; vulnerabilità ad una psicopatologia nell’età adulta derivante dalla rottura dell’attaccamento sociale; disforia, disturbi depressivi, disturbi d’ansia, problemi di rendimento scolastico o sul lavoro, tentativi suicidari; sentimenti di vergogna.

Spesso i giovani figli di giocatori patologici si espongono a comportamenti a rischio.

La ricerca mostra tassi di gioco patologico più elevati tra gli adolescenti i cui genitori erano a loro volta giocatori patologici, fumo di tabacco, consumo di alcol e droghe, tendenza a sovralimentarsi, disturbi antisociali o della condotta, a livelli maggiori che i loro compagni di classe.

Questi sono danni collaterali sostenibili di una patologia socialmente incentivata o incauta trascuratezza di soggetti fragili?

In conclusione, le dipendenze sono un disturbo appetitivo invalidante che coinvolge anche chi vive con la persona dipendente.
 
Infatti, vivere con un familiare affetto da dipendenza è stressante; i familiari sperimentano un logorio che spesso diviene evidente con manifestazioni sintomatiche sia fisiche che psicologiche e chi si trova in questa situazione cercherà di adottare varie strategie per farvi fronte.

I figli sono per definizione i familiari più fragili.

La qualità ed il livello di supporto sociale ricevuto possono aiutare ad affrontare la situazione.
Stante l’incremento nella pratica di gioco d’azzardo e l’incremento di giocatori patologici dunque sarà sfortunatamente sempre più probabile che chi si occupa di salute in età evolutiva, gli operatori sociali, ma anche gli educatori, gli insegnanti e tutti coloro che vengono in contatto con bambini e adolescenti verranno confrontati con bambini e adolescenti che crescono in famiglie dove è presente un problema di gioco d’azzardo.
 
Raramente qualcuno attribuisce a questa causa il malessere espresso dai giovani. Ma sarà bene considerarla come ipotesi e affrontarla direttamente con il ragazzo e i genitori.

Infatti, per poter crescere serenamente tutti i ragazzi hanno bisogno di un contesto familiare tranquillo ed equilibrato. Non è il caso di esitare a chiedere aiuto per il minore o per la sua famiglia, in modo da affrontare la situazione con un esperto del problema.  


(Questo articolo è una rielaborazione del capitolo n. 6 “Figli d’azzardo. Gioco d’azzardo patologico e trascuratezza dei figli: un tema di cui occuparsi” di Capitanucci D. , pubblicato nel volume di Picone F. (a cura di) “Il Gioco d'azzardo patologico. Prospettive teoriche ed esperienze cliniche”. Carocci Ed. (2010)).  
 

Daniela Capitanucci, Associazione AND- Azzardo e Nuove Dipendenze 

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