23/02/2012
Il filosofo Massimo Cacciari (foto Alberto Bevilacqua).
«Non è un libro per addetti ai lavori, non vuole esserlo». Il professor Massimo Cacciari parla del primo libro in uscita per la collezione Buc, la Biblioteca universale cristiana di Famiglia Cristiana, dal titolo Che cos’è l’uomo e firmato dal cadinale Ravasi. Per il filosofo si tratta di «un grande e forte appello all'uomo inteso nella sua globalità, fondato sulle conoscenze scientifiche del linguaggio biblico e delle tradizioni bibliche». L’opera del cardinale «è il tentativo di riproporre l’eterno problema: “Quid est homo?”. Un tema che si ripropone da quando l’evoluzione, o qualcosa del genere, ci ha consegnato al meccanismo di funzionamento del nostro cervello. Il cuore del libro è il tentativo di riproporre questo problema con un linguaggio che possa contemperare i problemi della cultura contemporanea filosofica-scientifica con la dimensione di fede che è propria del cardinale Ravasi».
A partire già dal primo capitolo si propone il legame stretto tra cuore e cervello. Anzi si dice che, nella Bibbia, il cuore è l’intelletto. Cosa ne pensa?
«Per l’impostazione di monsignor Ravasi, in coerenza con la tradizione biblica, non è possibile pensare alla mente, alla parte intellettiva dell’anima come un qualcosa di separato dal cuore nella sua accezione patetico-sentimentale. Questo è caratteristico di tutto il linguaggio biblico di cui Ravasi è maestro. Giustamente il cardinale sottolinea la differenza con la tradizione filosofica, anche se intesa forse non in modo così complesso e problematico come andrebbe intesa. Certamente vi è questa differenza con l’idealismo classico, in particolare della filosofia platonico aristotelica, che sottolinea l’egemonia della parte intellettiva dell’anima, della psiche “contra” la parte sentimentale, patetica. Questa differenza, così netta nella filosofia classica, manca nel linguaggio biblico. Ravasi fa bene a sottolinearlo. Fa bene cioè a sottolineare che il guaio è ridurre il cristianesimo a spiritualismo».
Il cardinale Ravasi (foto Periodici San Paolo).
Il cardinale Ravasi traccia un itinerario in cui c’è spazio per la
mitezza, la paura, la gioia della festa, i legami di amore e di
amicizia…
«Sono tutti elementi patetici - nel senso classico del pathos - che
nella filosofia sono intesi come qualcosa non dico di negativo, ma
certamente da superare. Sarebbe sbagliato pensare che ci sia un giudizio
negativo, anche se talvolta Ravasi indulge a dare questa interpretazione
della tradizione classica, che non è del tutto esatta, perché io non
credo che si possa parlare di dualismo in Platone o nel platonismo,
forse in qualche corrente neoplatonica, ma non nel Platone originario e
tanto meno in Aristotele. Però è giusto sottolineare questo aspetto,
perché nel linguaggio biblico queste pulsioni - che per la filosofia
sono qualcosa che comunque va contrastato o va polarizzato dalla parte
egemonica dell’anima - diventano elementi fondamentali e positivi
dell’anima stessa e della costituzione dell’anima. Questa cosa va
sottolineata, perché fa parte della peculiarità biblica sia vetero che
neo testamentaria, a differenza dello spiritualismo e dell’idealismo
classico».
Perché bisognerebbe leggere quest’opera?
«Perché riattualizzata, rivissuta e ripresentata, una grande
tradizione. Credo sia un fatto molto positivo, perché non è una visione
spiritualistica, ma una visione integrale, che può essere apprezzata
anche da chi non crede. È un testo che si rivolge, lo spirito del
cardinale Ravasi, anche alle genti. È un’opera da Cortile dei gentili».
Per informazioni sulla Biblioteca universale cristiana: www.famigliacristiana.it/iniziative/buc/
Annachiara Valle