21/01/2013
Il presidente Ciampi e la moglie Franca salutano la signora Marisa La Torre, vedova del Giudice Ciaccio Montalto, a Trapani nel 2003.
Nel volume Esercizi di Cronaca sono contenuti curiosi retroscena sull’amicizia tra lo scrittore e il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso dalla mafia il 25 gennaio 1983. Simbolica anche la data di pubblicazione del libro, a cavallo tra il primo anniversario della morte di Consolo e il trentennale dell’uccisione del giudice Ciaccio Montalto.
Vincenzo Consolo conobbe il pubblico ministero Giangiacomo Ciaccio Montalto nel 1975, quando il magistrato rappresentava l’accusa nel processo contro il “mostro di Marsala” e lo scrittore siciliano era l’inviato speciale del quotidiano L’Ora di Palermo. Il pm Ciaccio Montalto era tormentato dall’idea che il sequestro delle tre innocenti bambine (uccise a Marsala nel 1971) coinvolgesse complici e mandanti insospettabili, oltre all’imputato principale.
Nei suoi resoconti per il quotidiano L’Ora, Vincenzo Consolo raccontò i tormenti di Ciaccio Montalto e le versioni della difesa, facendo infuriare uno degli avvocati di parte civile. La direzione de L’Ora intervenne per tutelare il suo prestigioso inviato. Da quel momento iniziò un rapporto di sincera stima e di amicizia tra il giudice e il giornalista.
Giangiacomo Ciaccio Montalto invitò a cena, nella sua villa di Valderice, lo scrittore, pregandolo di non parlare con nessuno di quell’incontro. Come narrato nel libro Esercizi di Cronaca, Consolo partì con la sua “sgangherata Dyane” e si avventurò nelle sperdute campagne della provincia di Trapani. All’epoca non esistevano gli strumenti tecnologici come satellitari o google maps. Pertanto, Consolo seguì la mappa scritta a penna dal giudice Ciaccio Montalto e finalmente trovò l’abitazione isolata di Valderice. “Vi erano ad attendermi il magistrato e la moglie, una giovane e bella insegnante di lettere, che aveva, negli occhi, l’ansia contenuta, l’apprensione inconfessata per il marito”, scrisse Consolo.
Il giudice Ciaccio Montalto raccontò la sua storia familiare e
personale, a partire dalle vicende del nonno, fondatore dei Fasci
Siciliani in provincia di Trapani. Tra una discussione letteraria e un
commento riguardante le vicende di cronaca, Ciaccio Montalto confidò a
Consolo i suoi timori derivanti dalla sua attività giudiziaria: “Ho
ricevuto telefonate e lettere anonime di minacce. Lei ora non scriva
niente di questo. Lo scriverà solo se dovesse succedermi qualcosa”.
iangiacomo Ciaccio Montalto fu ucciso dalla mafia
proprio nelle campagne di Valderice. Era il 25 gennaio del 1983.
All’indomani di quell’ennesimo delitto eccellente, Vincenzo Consolo
scrisse un appassionante articolo pubblicato dal quotidiano Il
Messaggero.
L’incipit del pezzo fu accorato e dolente: “Quando si apprende della
morte improvvisa di un amico o di un conoscente che noi sapevamo in
pericolo, oltre al dolore, si prova un senso di colpa per non avergli
ricordato abbastanza quel pericolo, non avergli gridato che stava
camminando sull’orlo di un precipizio, non avergli porto la mano per
tirarlo al di qua, in una zona di sicurezza e di protezione. Questo ho
provato stamattina, sentendo alla radio della morte violenta del giudice
Giangiacomo Ciaccio Montalto”.
Dopo avere ricordato l’amicizia nata nelle aule del Palazzo di Giustizia
di Trapani, Consolo concluse con un commiato: “Ed io non posso non
ricordarlo qui, con parole povere e inadeguate, non posso non ricordare i
suoi acuti occhi dietro le lenti, la sua testa nera capelluta, la sua
parola tagliente, il suo sorriso ironico e umano, la sua espressione
onesta di siciliano giusto….”.
Il sacrificio di Ciaccio Montalto fu rievocato anche nelle pagine del
romanzo L’olivo e l’olivastro, pubblicato da Mondadori nel 1994 e
dedicato all’amata Sicilia di Consolo.
Pietro Scaglione