11/11/2012
Una scena del film "Il sole dentro".
Paolo Bianchini aveva in mente da almeno dieci anni una storia che denunciasse il triste fenomeno del mercasto dei baby-calciatori. «Ho cominciato a pensarci mentre mi trovavo in Congo per girare uno spot. Allora, venni a conoscenza del problema dopo avere saputo che un ragazzino era stato prelevato da una scuola-calcio locale da qualche sedicente procuratore ed era sparito. Così, cominciai a fare ricerche sul fenomeno, attraverso l'Unicef».
La tratta dei piccoli calciatori è un fenomeno molto diffuso: sedicenti procuratori europei arrivano nei Paesi più poveri, soprattutto in Africa, blandiscono le famiglie dei ragazzini che giocano a calcio a fronte di un po' di denaro e della promessa che questi bambini diventeranno in qualche Paese europeo dei calciatori professionisti. Li portano qua e poi, se si accorgono che un ragazzino in realtà non ha un talento spiccato, oppure deve smettere di giocare per un infortunio, lo abbandonano di punto di in bianco, lasciandolo per la strada, senza soldi, senza punti di riferimento, senza la sua famiglia, dalla quale probilmente non riuscirà a tornare perché non conosce il nome esatto del villaggio da cui proviene.
«Il sole dentro non esagera, fotografa la situazione reale», commenta Barbara Benedetti, segretaria nazionale del settore giovanile e scolastico della Figc (Federazione italiana giuoco calcio). Il fenomeno è molto diffuso anche in Italia, ed è difficile monitorarlo. Negli ultimi anni le cose sono migliorate grazie alla regolamentazione che pone dei paletti: adesso i trasferimenti internazionali dei calciatori sono possibili solo al compimento dei 18 anni. Ma il problema rimane vasto e radicato. L'età, poi dei ragazzini si è abbassata: come spiega la Benedetti, oggi ci si trova di fronte a casi di baby-calciatori anche di appena 7 anni. E poi, non solo provenienti dall'Africa. La tratta, infatti, avviene anche fra una regione italiana e l'altra.
Il traffico dei bambini calciatori pone un serissimo problema socio-educativo: una volta trasferiti, infatti, bisogna capire se questi ragazzini vanno a scuola, se sono seguiti, accuditi, controllati. «Il pallone, di per sé, è uno sport altamente educativo», aggiunge la Bendetti. «Ma cosa ne sarà di un bambino illuso, sfruttato poi abbandonato? Probabilmente diventerà uno sportivo fallito, emarginato, violento e pieno di rancore».
Giulia Cerqueti