Australia, il paradiso chiede aiuto

Dal dimezzamento della barriera corallina alla possibile estinzione di specie, sino alla migrazione forzata d'intere popolazioni animali. Urgenti le politiche di tutela dell'ecosistema.

Diminuita del 50% la quantità di coralli negli ultimi 27 anni

24/10/2012
(Corbis)
(Corbis)

La Grande Barriera Corallina, la più grande al mondo, definita dall'Unesco patrimonio dell'Umanità e visitata ogni anno da migliaia di persone, ha visto diminuire del 50% la quantità di coralli negli ultimi 27 anni.

I calcoli sono stati fatti dall'Istituto australiano di scienze marine (Aims). Dal 1985 ad oggi i ricercatori hanno realizzato uno studio seguendo il programma mondiale di monitoraggio più completo mai organizzato, con 2.258 rilevamenti totali. Risultato: la percentuale di corallo della Great Barrier Reef, situata davanti alle coste del Queensland, nell'Australia nord orientale, è passata dal 28% registrato nel 1985 al 13,8% del 2012. Insomma, un calo del 50,7%. E non è finita. Di questo passo - prevede lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences - nei prossimi 10 anni la Barriera potrebbe subire un ulteriore dimezzamento.

Le conseguenze sono potenzialmente devastanti. In giro per il mondo ci sono infatti altre barriere coralline, ma anche lì la storia non cambia molto. All'ultima Conferenza Internazionale sulle Barriere tenutasi in luglio a Cairns, in Australia, è stato infatti ricordato che almeno il 25% delle barriere coralline mondiali sono già state danneggiate. Il problema è che questi delicati ecosistemi, che coprono solo l'1,2% della superficie terrestre, ospitano la maggior parte del patrimonio di biodiversità marina mondiale. Si calcola che siano da uno a tre milioni le specie marine che vivono nell’ambiente offerto dalle barriere coralline, e quasi un quarto delle specie marine mondiali dipendono da queste meraviglie naturali. “Questa perdita di oltre la metà della copertura iniziale è molto preoccupante e comporta la perdita dell'habitat per decine di migliaia di specie associate alla barriera corallina tropicale”, ha confermato lo studio dell'Aims.

Tutto ciò senza considerare le persone, altro capitolo delicato. Le popolazioni del Pacifico traggono infatti il 90% del loro fabbisogno proteico dalla pesca sulla barriera, e in tutta l'Asia la vita di un miliardo di persone dipende da questo pesce.

Presentando il nuovo studio, il numero uno dell'Istituto australiano di scienze marine ha però sottolineato i margini di miglioramento a cui le barriere potrebbero andare incontro. Secondo John Gunn, amministratore delegato dell'Aims, è importante agire al più presto sulla corona di spine, una particolare stella marina capace di mangiare 10 metri quadrati di corallo vivo all'anno. Migliorare la qualità dell'acqua, ha detto Gunn, è essenziale per controllare la diffusione delle stelle marine.

Come? La proliferazione di questa stella marina dipende da pesticidi e fertilizzanti chimici che finiscono in mare, vicino alle barriere, favorendo la crescita delle alghe, cibo preferito dalle larve delle stelle di mare. Senza le corone di spine la barriera corallina sarebbe capace di  riprendersi annualmente dello 0,89%. Non è molto, ma forse per Gunn trovare una soluzione ai fertilizzanti chimici che finiscono di fronte alle coste del Queensland è più semplice che fermare l'aumento delle temperature mondiali.

La principale causa del dimezzamento dei coralli, insieme ai cicloni tropicali, è infatti il fenomeno dello sbiancamento dei coralli, effetto del cambiamento climatico globale. “Non possiamo fermare le tempeste e il riscaldamento degli oceani”, ha detto Gunn, “ma si può agire per ridurre l'impatto della corona di spine”. Una sfida per i politici australiani, ma non solo. Scelte più consapevoli da parte dei consumatori di tutto il mondo, come ad esempio l'acquisto di prodotti biologici, possono contribuire in modo determinante a ridurre l'uso di fertilizzanti e concimi chimici. Anche nella lontana Australia. 

 

Stefano Vergine
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