17/07/2012
Zanzare
• Tranne la zanzara tigre, attaccano in genere dopo il tramonto o durante la notte e sono attratte dalle fonti di luce. Le loro punture si localizzano soprattutto sulle parti del corpo scoperte. In corrispondenza della zona della puntura la pelle presenta un pomfo (una chiazza in rilievo di colore rosso che scompare nel giro di un paio d’ore), accompagnato da prurito che si protrae per circa mezz’ora. In persone più sensibili, il pomfo è più grande e può permanere anche più di 24 ore, evolvendosi talvolta in una papula che scompare dopo qualche giorno.
• Attenzione ai rimedi fai-da-te, tipo frizionare i pomfi con ammoniaca o limone: la prima, di solito, brucia la pelle; il secondo la rende fotosensibile alla luce solare. Gli unici interventi consigliabili sono applicare ghiaccio per attenuare il gonfiore e spalmare un gel al cloruro d’alluminio al 5 per cento.
• E’ importante impedire al bambino di grattarsi per non correre il rischio di aumentare il prurito e infettare la lesione. Se dal pomfo esce sangue, bisogna lavare e disinfettare con cura. Qualora il fastidio fosse eccessivo, rivolgersi per un consiglio appropriato al medico di fiducia.
• Tra le misure per prevenire la proliferazione delle zanzare e sbarrare loro la strada verso gli ambienti domestici: evitare i ristagni d’acqua dove gli insetti depositano le uova e si riproducono (sottovasi per piante e fiori, bacinelle, annaffiatoi, vasche, laghetti e fontane ornamentali, queste ultime da popolare con pesci rossi, che si nutrono di larve); installare zanzariere alle finestre o sui lettini dei bambini, integrandone l’effetto deterrente con fornelletti per insetticidi o con zampironi.
• Come arma di difesa ravvicinata, ci sono i repellenti da spalmare o spruzzare sulla cute. Alcuni consigli da seguire con scrupolo, dato che le sostanze vengono parzialmente assorbite nel sangue: leggere sempre le istruzioni; cospargere senza esagerare sulla pelle esposta o sui vestiti, mai sotto gli indumenti; non utilizzare su ferite e irritazioni cutanee, né sui bimbi sotto i tre anni; non spalmare sugli occhi e sulla bocca e poco sulle orecchie: non dirigere gli spray sulla faccia, ma spruzzare sulle mani e poi passarle sul volto; pulire la pelle con acqua e sapone, e lavare gli abiti, al rientro in casa.
• Bambini sotto i 6 mesi: no a repellenti contenenti deet; sì alle zanzariere; non portarli all’aperto al tramonto e all’alba. Baby fino a 2 anni: solo repellenti con quantità di deet non superiore al 10 per cento, applicandoli non più di una volta al giorno. Bimbi fino a 12 anni: sì a prodotti con dose di deet non superiore al 10 per cento, da usare non più di tre volte al giorno. I repellenti a base di citronella e geranio possono essere utilizzati dai 2 mesi in poi.
Api
La puntura provoca bruciore, rossore, prurito e gonfiore. Il pungiglione, collegato a
una ghiandola che secerne veleno, rimane incastrato nella pelle e, attorno ad esso, si crea una vescicola gonfia di tossina. In alcuni casi, si possono avere reazioni allergiche di vario genere: si va dal gonfiore diffuso a tutto il corpo alle vertigini e, più di rado, allo shock anafilattico.
Cosa fare: rimuovere il pungiglione con una limetta smussata (non con la classica pinzetta) per non rompere la vescicola e far uscire il veleno; in mancanza della limetta smussata, usare le mani dopo averle lavate, premendo delicatamente sulla pelle con due dita; fare impacchi freddi di acqua e poi spalmare, sentito il pediatra, un farmaco specifico in pomata.
Vespe
Anch’esse sono munite di un aculeo comunicante con una ghiandola contenente veleno. Al contrario delle api, possono pungere ripetutamente, iniettando ogni volta il veleno. Quando un bimbo viene punto, le reazioni sono diverse a seconda della sensibilità cutanea. Gli effetti più frequenti sono prurito, rossore, gonfiore, dolore intenso. Si possono inoltre manifestare reazioni allergiche fino allo shock anafilattico.
Cosa fare: detergere la parte lesa con acqua e sapone; mitigare il dolore con impacchi di acqua fredda; applicare una pomata antistaminica o cortisonica, indicata dal pediatra.
Se a colpire sono state più vespe contemporaneamente, fare un impacco di acqua fredda in cui si è sciolto un cucchiaio di bicarbonato di sodio. Qualora nel giro di pochi minuti il gonfiore, anziché diminuire, aumentasse e si propagasse in altre zone del corpo vicino a quella lesa, portare subito il piccolo al pronto soccorso.
Calabroni
Le punture non sono più nocive di quelle di api e vespe, ma solo più dolorose. Si forma immediatamente una chiazza gonfia, rossa e dolente. Il dolore scompare in genere entro un paio d’ore, mentre il gonfiore può crescere per 24 ore. Se le punture sono ripetute, con consistenti quantità di veleno iniettate, si possono avere vomito, diarrea, mal di testa, febbre. Punture alla lingua e alla bocca in genere possono generare difficoltà di respirazione. Nei bambini ipersensibili si possono comunque manifestare reazioni allergiche, fino allo shock anafilattico.
Cosa fare: disinfettare la cute e togliere il pungiglione servendosi di un ago sterile o delle mani ben lavate; far scorrere acqua fredda, o applicare ghiaccio, sopra e attorno alla puntura per alleviare il dolore e tamponare l’infiammazione; ricorrere a una pomata antistaminica per calmare il prurito.
Tafani
Vivono in campagna, specie in prossimità di stalle e allevamenti di bestiame. La puntura causa parecchio bruciore, prurito, arrossamento e gonfiore, ma non è pericolosa perché la sostanza irritante rilasciata nella pelle dal pungiglione non dà luogo a reazioni allergiche. I bersagli preferiti sono i bovini e gli equini: il rischio è che, dopo aver bucherellato gli animali, l’insetto punga anche i bambini, trasmettendo malattie. E’ facile che la puntura si infetti, con formazione di pus.
Cosa fare: lavare accuratamente, con acqua e sapone, il punto in cui l’aculeo è penetrato nella cute; disinfettare passando un batuffolo di cotone imbevuto di betadine o bialcol.
Per contrastare il dolore e il gonfiore, basta premere con delicatezza un cubetto di ghiaccio sulla parte lesa. Se non passano, applicare una pomata antistaminica, o una antibiotica se si forma pus.
Zecche
Sono parassiti temporanei di numerosi animali, e, occasionalmente, dell’uomo: non pungono propriamente, ma mordono. Nei bambini, si attaccano al cuoio capelluto o ai vestiti e aspettano, da alcune ore a un giorno, fino a che l’ospite non riposi. Solo allora si spostano sulla pelle (in particolare dietro le orecchie, sulla parte posteriore del collo, su ascelle e inguine, nell’incavo delle ginocchia), alla quale si agganciano per poi morderla.
Di solito il bambino non si accorge di niente, perché il morso non provoca né dolore, né prurito. La presenza dei parassiti viene scoperta solo quando succhiano il sangue, aumentando di dimensioni. Raramente danno luogo a reazioni di ipersensibilità, febbre, eruzioni cutanee.
In genere, il morso determina un’infiammazione locale con una microzona necrotica centrale. Una volta che la zecca è stata staccata, la parte lesa si gonfia leggermente e presenta una zona centrale più bassa, infossata, che si trasforma in una piccola crosta.
Le zecche possono però trasmettere infezioni, tra le quali la cosiddetta malattia di Lyme che ha una lenta incubazione e che, se trascurata, può avere serie conseguenze. Per far danni devono però restare attaccate alla pelle per almeno 36-48 ore, diversamente le probabilità di causare infezioni sono assai basse.
Cosa fare: indossare, transitando in aree a rischio (campagne, zone rupestri), abiti chiari a manica lunga, pantaloni e stivali per individuare più facilmente le zecche e rimuoverle con tempestività; non camminare né sedersi nell’erba alta; prima di fare la doccia o il bagno, ispezionare bene la pelle.
Nel caso, staccare con una pinzetta la zecca dopo averla ricoperta di olio, pomata grassa o etere, oppure con un filo avvolto intorno al suo corpo, cercando di chiudere la presa più possibile vicino alla pelle, ruotando e tirando con costanza fino a quando il parassita non molla la presa. Dopo di che buttarla nel water o schiacciarla, senza toccarla con le mani, lavare queste e la parte lesa con acqua e sapone. Se non si riesce a schiodare la zecca per intero e la testa rimane attaccata, toglierla con un ago sterile come se fosse una scheggia.
Se non si è sicuri di operare al meglio, rivolgersi al più vicino pronto soccorso. Contattare quindi il pediatra di fiducia per un controllo e osservare, nei successivi 2-3 mesi, l’eventuale comparsa di eritemi, febbricola, dolenzie agli arti, mal di testa e altri sintomi di infezioni indicati dal medico.
Maurizio Bianchi