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Il muro del silenzio
Invece di affrontare la malattia a viso aperto e di farne oggetto di conversazione, alcuni preferiscono seppellirla dentro la famiglia, alzando quel simbolico ponte levatoio che la separa dal resto del mondo. Di alcune malattie ci si vergogna; altre volte si vuol proteggere il malato e tutelare la sua vita profonda dal chiacchiericcio di cui sono intessute le nostre relazioni sociali.
La scelta del segreto diventa ancor più drammatica quando divide la famiglia stessa. Ciò avviene quando i sani decidono di tenere il malato all’oscuro della sua malattia. Una metafora efficace di questa situazione è quella messa in scena dal film tedesco Good bye Lenin (2002). La storia è quella di una signora di Berlino Est che subisce un attacco cardiaco e va in coma, per alcuni mesi. Si risveglia; nel dimetterla dall’ospedale i medici raccomandano ai figli di evitarle ogni shock, che potrebbe esserle fatale. Il problema è costituito dal crollo del muro di Berlino, avvenuto mentre la protagonista era in coma. Per lei, socialista convinta, sapere che l’ideale per cui ha vissuto è naufragato, sarebbe un trauma: per questo i figli decidono di nasconderle la verità.
In film si sviluppa in una serie di situazioni paradossali, che richiedono una prodigiosa inventiva da parte di tutti per tenere in piedi la finzione. Nonché una volenterosa disposizione da parte della malata a partecipare all’inganno. La situazione assomiglia a quella che si crea nelle famiglie nelle quali si è deciso di nascondere la gravità del male al malato stesso: si fa finta che tutto proceda come prima del crollo del “muro di Berlino”.
Il segreto diventa il simbolico muro che separa quelli che sanno da coloro che non sanno. I dubbi che accompagnano queste decisioni sono tanti: ci si domanda spesso quale sia il male minore. Se qualcuno volesse utilizzare lo spazio di questo blog per condividere con altri le sue perplessità, è vivamente incoraggiato a farlo.
Pubblicato il 15 marzo 2011 - Commenti (0)