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apr
Quando il bene si fa ostinato
La copertina di "Il bene ostinato", il libro di Paolo Rumiz sul Cuamm-Medici con l'Africa.
Due giovani, generosi e idealisti, si incontrano in un ospizio di Modena, dove fanno volontariato. Si piacciono. Lui studia medicina, lei è ancora minorenne. Un giorno lui le lancia, quasi per sfida, il suo sogno: “Guarda che io ho voglia di andare in Africa a fare il medico”. Lei accetta la scommessa; partiranno, lui pediatra, lei infermiera professionale. E passeranno più di venti anni lavorando in Tanzania, Uganda e Mozambico con l’associazione “Medici con l’Africa”.
Una storia tra mille altre, vissuta senza clamore, ma decisamente fuori dall’ordinario. L’ha scovata frugando nell’archivio dell’associazione il giornalista Paolo Rumiz e l’ha riportata nel libro Il bene ostinato (Feltrinelli). Il saggio gli è stato richiesto: doveva essere una ricostruzione di 60 anni di vita del Cuamm, promotore dell’associazione. Il giornalista confessa che sentiva il compito piuttosto estraneo al proprio animo: riconoscendosi come “mangiapreti”, pensava di trovarsi fuori dal coro a parlare di “medici missionari”, trattandosi di una associazione di ispirazione religiosa.
Ma ha dovuto ricredersi. Ripercorrendo il cammino dei volontari che hanno fatto della salute degli africani lo scopo della propria vita, ha scoperto l’Italia migliore, quella che rifugge dalla retorica, fa il bene e non lo sbandiera. Il giornalista ha registrato con sorpresa che la reputazione dell’associazione è altissima all’estero, mentre in patria la loro attività è avvolta nella discrezione. “A Padova, sede del Cuamm, si sa poco o niente di loro; a Londra o a Ginevra, invece: “ah, il Cuamm”, dicono con rispetto”.
Dal 1950 al 2010 alcuni aspetti del progetto originario sono cambiati: partiti per essere i missionari della salute, gli oltre mille medici e infermieri che hanno collaborato con l’associazione hanno inventato quella che sarà la “cooperazione sanitaria”. Aprendo il cuore e la mente alla salute globale, hanno dato concretezza al motto caro al professor Francesco Canova, ideatore e fondatore del Cuamm: Euntes, curate infirmos, “Abbiate cura dei malati, voi che andate”. Per chi ha ancora voglia di andare, la strada è aperta.
Pubblicato il 20 aprile 2011 - Commenti (0)