19/02/2013
Giuseppe Anzani, fine giurista, una vita da magistrato approfondisce da anni i temi legati all’etica della vita. Gli chiediamo il suo parere sulla sentenza della Grande Camera della Corte di Strasburgo sui diritti umani che ammette il diritto di adottare i figli dei compagni anche nel caso delle coppie omosessuali. «Occorre esser precisi sul contenuto specifico della sentenza», spiega. «Bisogna chiarire che la legge austriaca consente, per le coppie conviventi non sposate, che se un partner ha un figlio suo l'altro partner lo possa adottare, completando la relazione parentale. Ma ciò invece non può accadere nella convivenza omosessuale. Ora la Corte europea ha detto che la differenza di trattamento fra il partner ammesso all’adozione e il partner escluso si basa sul diverso “orientamento sessuale” di ciascuno, e dunque urta contro il divieto di discriminazione e di ingerenza nella vita privata e familiare».
- Come giudica questa decisione?
«E’ una sentenza paradossale, perché stravolge la legge austriaca e ignora la ragione essenziale per la quale essa provvede a dare al figlio che in seno alla coppia (pur non sposata) ha un solo genitore naturale “il genitore che gli manca”, e dunque il padre se ha soltanto la madre, o viceversa. L’adozione, per natura sua, supplisce la mancanza, o soppianta in caso di abbandono, i genitori di natura. Nel caso giudicato dalla Corte, c’era una madre che doveva restar madre, e una partner che si doleva di non poter fare quello che la legge avrebbe consentito a un maschio (diventare padre)».
- Ma secondo i giudici c’era una discriminazione
«Non si tratta di una discriminazione, ma di una differenza. E le differenze costituiscono le ragioni assennate del diritto. L’interesse giuridico e umano preminente, in materia di filiazione adottiva, è quello del figlio».
- Questa sentenza dunque apre la strada all’adozione per le coppie omosessuali?
«E’ un banale errore dire, come è accaduto, che la Corte ha enunciato il principio che alle coppie gay va permessa l’adozione; al contrario, la Corte ha detto in modo esplicito che gli Stati non sono tenuti a consentire l’adozione alle coppie non sposate. Dunque il discorso può chiudersi in anticipo, sulla prima trincea, senza che ne soffrano minimamente le regole della Dichiarazione dei diritti umani».
- Ora cambierà qualcosa nel nostro Paese?
«In Italia il problema non si pone, perché l’adozione è consentita solo ai coniugi uniti in matrimonio, senza separazione neppure di fatto da almeno tre anni. Dunque una coppia “non coniugale” non può adottare un figlio, e questo chiude il discorso senza far differenza di nessun altro genere. La stessa cosa vale per 36 Paesi del Consiglio d'Europa su 47».
Renata Maderna