Aborto, nuovi attacchi alla vita

Tra crisi economica, paura dell’handicap e viaggi organizzati, l'interruzione volontaria di gravidanza è una piaga attualissima. Che tende ad assumere tratti raccapriccianti.

Oltre l'indifferenza

04/09/2012

Siamo agli sgoccioli di un’estate calda. Non solo per le temperature che hanno superato le medie stagionali degli ultimi vent’anni o per gli anticicloni africani che pare abbiano fatto a gara per accaparrarsi il titolo del più “temibile e spossante”. Senza fare i conti, ovviamente, con la più mite “Beatrice” o la più fresca “Poppea”. 
L’estate calda ha offerto anche altre sorprese. Forse più subdole. Magari nascoste dalle urgenze di natura economica e perciò passate in seconda linea. Ma non per questo svilite nella loro triste e inequivocabile gravità. Proviamo a portarne a galla almeno una, strappandola da quella generale indifferenza in cui pare essere ingiustamente scivolata e risucchiata.
Si tratta di tutto ciò che ruota attorno al tema dell’aborto. Un problema ormai archiviato, potrebbero affermare i più. E invece no! È sempre più scottante e non accenna a placarsi. Anzi! Tende oggi ad assumere tratti a dir poco raccapriccianti

In primissimo luogo, la recente la bocciatura, espressa dalla Corte Europea, della Legge 40/2004 (sulla procreazione medicalmente assistita). «Il contenzioso è più profondo di quanto appare», spiega il teologo Luigi Lorenzetti, in un commento sul n. 37 di Famiglia Cristiana (in uscita giovedì 6 settembre). «Alla radice, c’è una sostanziale divergenza su chi è l’embrione umano: alla base della Legge 40, c’è il riconoscimento dell’embrione umano come soggetto fin dalla fecondazione; mentre nella sentenza della Corte europea, l’embrione è destinato a essere soggetto individuale in tempo successivo (14° giorno). È questa una posizione arbitraria giuridicamente».
Infatti, i dati più recenti forniti dalla scienza genetica pongono in evidenza il fatto che l'embrione, sin dall'inizio, si sviluppa gradualmente, progressivamente e autonomamente: in altre parole, è un essere umano già dalla fecondazione e non, quindi, in tempi successivi. 
Secondo il teologo, pertanto, «la sentenza della Corte europea è da rivedere, soprattutto per il contenuto». E, con molta probabilità, anche per aver denunciato l'incoerenza della stessa Legge 40: l'Organismo giudiziario europeo fa notare, infatti, che proprio un'altra legge dello Stato italiano (Legge 194/78) non tutela il concepito in tutte le situazioni. «La contraddizione tra le due leggi (Legge 40 e Legge 194) è palese», conclude, infine, Luigi Lorenzetti, «ma questo non vuol dire che la legge 40 deve adeguarsi, nella tutela del concepito, alla Legge 194. Può essere sostenibile il contrario».

L'Italia, tuttavia, non è l'unica protagonista di questa vicenda. Uno studio realizzato dal Guttmacher Institute di New York, per esempio, e appena pubblicato dal Journal of Family Planning and Reproductive Heath Care, rivela che alla base della scelta di abortire ci sarebbero, in circa il 30% dei casi, seri motivi economici. L’indagine ha preso in esame i dati clinici di circa 9.500 donne che negli Stati Uniti hanno portato a termine un’interruzione di gravidanza, durante il corso del 2008. Tra queste, 49 sono state contattate e intervistate dal vivo. Dalla rielaborazione dei questionari, è emerso che nel 57% dei casi, nell’anno che aveva preceduto la scelta dell’aborto, le donne erano andate incontro a eventi altamente stressanti. All’interno di questa percentuale, circa la metà dei problemi riguardava direttamente la sfera economica: la perdita del lavoro o la difficoltà a pagare il mutuo della casa, solo per fare qualche esempio. Oltre a queste ragioni, a influenzare la scelta vi sarebbero stati anche, nel 10% dei casi, la scomparsa improvvisa di una persona cara, in un altro 10% l’aver messo al mondo un bambino nell’anno appena passato, e, in circa il 7%, l’essere stata vittima di abusi familiari.

«Nelle donne povere», spiegano gli autori della ricerca, «c’è la possibilità che si abbia più di uno di questi eventi avversi, forse perché la mancanza di risorse finanziarie impedisce di affrontare adeguatamente il primo, e dà il via a una reazione a catena». Come, dunque, intervenire e arginare il problema? Abbastanza fredde, superficiali e sbrigative le conclusioni a cui sono giunti gli stessi studiosi: una maggiore disponibilità di contraccettivi potrebbe evitare molte di queste gravidanze indesiderate. Nessun accenno, quindi, a strade alternative e rispettose della vita.

Simone Bruno
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