10/01/2013
Andrea, D.P, Carolina. Giovani suicidi, storie e volti di una fragilità adolescenziale che continua ad interrogare. «C’è una fragilità tipica che è quella legata all’età evolutiva - spiega Alessandra Granata, psicologa e psicoterapeuta dell’associazione L’amico Charly, nata nel 2001 a Milano in seguito alla tragica scomparsa di Charly Colombo allora sedicenne.
Ma la caratteristica dei ragazzi che tentano la morte, dalla nostra esperienza (ndr, Crisis Center www.amicocharly.it), è una quota di fragilità narcisistica che è aggiuntiva e li rende ancor più vulnerabili».
- Ed è lì che si inserisce la rete?
«Sì. Nativi digitali, i giovani di oggi hanno un rapporto diretto con le immagini e con la propria rappresentazione pubblica nel mondo. Quando il gruppo di pari, riferimento costante con cui gli adolescenti si confrontano, si sposta sulla rete si ribadiscono i meccanismi classici del bullismo ma tutto si amplifica. La vittima ha la sensazione che lo scherno assuma dimensioni globali, passando velocemente tra i contatti, immediati e incontrollabili. Allora chi subisce ha la percezione di essere umiliato in toto, di aver perso la faccia, di non avere possibilità di riscatto. E l’accanimento virtuale ferisce come e più di quello frontale. Detto ciò, la letteratura nega un rapporto diretto tra il bullismo e il suicidio che è un fenomeno troppo complesso per avere una causa sola. Resta comunque un fattore di rischio».
- Qual è il profilo della vittima di bullismo?
«Partirei dal persecutore perché il bullismo è espressione di fragilità anche da parte sua. I bulli scherniscono le caratteristiche che negano e odiano più di loro stessi. I bullizzati invece sono quei ragazzi che hanno caratteristiche più vicine al mondo dell’infanzia, a quel mondo che l’adolescente deve lasciare per raggiungere la maturità».
Quali sono i segnali del disagio?
«L’isolamento, i comportamenti anomali legati al rapporto con i coetanei, al sonno, al cibo, il rendimento scolastico».
- Quali i rimedi?
«Un’attenzione ai segnali, ma soprattutto una grande cura del dialogo, un’apertura e disponibilità autentiche da parte dei genitori. Il rischio maggiore è il silenzio del mondo degli adulti».
Chiara Pelizzoni