16/03/2012
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Una sentenza che sta facendo molto discutere. Se la prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, nella sentenza 4184/12 il cui dispositivo è stato reso noto ieri, ha infatti stabilito che l’unione matrimoniale contratta in Olanda da una coppia gay italiana non può venire trascritta in Italia, dando di fatto ragione al Tribunale e alla Corte di Appello di Roma che avevano respinto i ricorsi loro presentati dai due ricorrenti, la Corte stessa ha sottolineato tuttavia che «l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro “inesistenza” e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano». Insomma, inidoneità fino a quando, sembra lasciar intendere o auspicare la Corte, anche l’Italia si adeguerà all'Europa. Una sentenza "creativa" che non si limita a riconoscere la legittimità o meno di una sentenza di un altro tribunale di livello inferiore, compito specifico della Cassazione, ma interviene qui quasi invitando il legislatore ad adeguarsi a standard europei.
È stata la prima volta che la Cassazione si è trovata ad affrontare la richiesta di una coppia omosessuale a veder riconosciuta la loro unione, che in alcuni paesi come l’Olanda è riconosciuta come matrimonio, avvenuta all’estero. Nella fattispecie specifica i due uomini avevano contratto la loro unione nel 2002 a L’Aja e avevano poi chiesto la trascrizione dell’atto al comune di Latina, dove sono residenti, atto che è stato loro negato, così come ha avuto esito negativo tanto il ricorso al Tribunale quanto alla Corte d’Appello di Roma. Anche l’ultima istanza, la Cassazione, ha di fatto rigettato il ricorso, facendo leva tra l’altro sulla recente sentenza della Corte Costituzionale, che aveva detto negato il diritto al matrimonio omosessuale. La Cassazione, presieduta da Maria Gabriella Luccioli, la stessa della discussa sentenza Englaro, ha tuttavia rilevato che il quadro europeo dei diritti dei gay ed il contesto sociale è fortemente cambiato essendo stata superata grazie alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo «la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio». Un’indicazione al legislatore, dunque, che come detto, esula dalle competenze solamente giurisprudenziali della Corte.
Comunque sia, si legge sempre nel dispositivo, fino a un eventuale intervento del legislatore che riconosca i matrimoni gay «i componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se – secondo la legislazione italiana – non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all’estero, tuttavia – a prescindere dall'intervento del legislatore in materia – quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell’esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». In definitiva, le coppie gay «non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero», ma la Corte ha loro riconosciuto il «diritto a una vita familiare» e a «vivere liberamente una condizione di coppia», con la possibilità, a «specifiche situazioni», di essere trattate in modo «omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Una parte della sentenza che vincolerà la futura giurisprudenza in materia.
Stefano Stimamiglio