Un Referendum contro le scuole paritarie

Il 26 maggio a Bologna un Referendum per abolire i finanziamenti comunali alle scuole paritarie. Una battaglia ideologica che ignora la realtà dei fatti.

Agesc: «Il referendum ha una valenza nazionale»

23/05/2013
Roberto Gontero presidente dell'Agesc.
Roberto Gontero presidente dell'Agesc.

La chiesa di Bologna ha espresso preoccupazione per il clima che si sta creando alla vigilia del referendum. Un clima che rischia di creare odio e divisioni impoverendo il pluralismo. «L'intervento della diocesi è da leggere in questa chiave, perché non possiamo ignorare un'importante fetta della nostra città che si sente rappresentata dall'attuale sistema scolastico», ha dichiarato il vicario generale, monsignor Giovanni Silvagni.

Il comitato Articolo 33, promotore del referendum, accusa la scuola paritaria di essere confessionale e di "indottrinare" i piccoli alunni. In realtà nelle ultime settimane hanno fatto sentire la loro voce genitori di diversa estrazione religiosa e culturale, che hanno iscritto i propri figli alla scuola paritaria cattolica con piena fiducia nel suo valore formativo ed educativo. Anche mamme e papà dichiaratamente atei o di religione musulmana.
Se il cardinale Bagnasco ha ribadito l'importanza del ruolo formativo svolto dalle scuole paritarie e della libera scelta educativa delle famiglie, nel dibattito è intervenuto anche il presidente dell' Agesc (associazione genitori scuole cattoliche) Roberto Gontero. La sua preoccupazione va al di là dei confini della scuola bolognese.

«Ormai il referendum di Bologna ha assunto una valenza nazionale», ha dichiarato, «in quanto la situazione scolastica del capoluogo emiliano-romagnolo è paradigmatica di quella delle più importanti città italiane».

Il rischio è quello di tornare indietro e di mettere in discussione risultati importanti nel campo della parità scolastica.

«Se venissero meno i contributi statali o comunali alle scuole paritarie, a Bologna come altrove, assisteremmo a un'impennata delle rette tale da renderle proibitive per la maggioranza delle famiglie», ha aggiunto, «si ritornerebbe al vecchio modello selettivo delle scuole per ricchi, mentre la scuola paritaria in cui crediamo è assolutamente una scuola popolare, aperta a tutti».

Votare B significa difendere la libertà di scelta di migliaia di famiglie
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Intanto il clima che si è creato a Bologna alla vigilia della consultazione sembra andare in direzione contraria. Le ragioni dei referendari infatti si sono sposate con la protesta delle maestre delle scuole comunali, preoccupate per l'imminente passaggio delle materne del comune a un' Asp unica, che dal prossimo anno assorbirà anche i servizi educativi fino a questo momento gestiti direttamente dall'amministrazione.

La loro protesta genera inevitabilmente confusione e imbarazzo, soprattutto tra i genitori. Le maestre non solo organizzano cortei e notti bianche, coinvolgendo le famiglie degli alunni, ma distribuiscono volantini e fanno propaganda, anche all'interno delle scuole. Naturalmente a favore dell'opzione A, mettendo in difficoltà i genitori che non sono d'accordo. La situazione sta diventando bollente. Pochi giorni fa una mamma ha presentato un esposto al Comune.

Nel nido comunale in cui ha iscritto uno dei suoi figli - l'altro frequenta invece una scuola paritaria - ci sono solo i volantini che difendono l'opzione A, più un mega cartellone a firma delle educatrici. Più volte ha cercato di appendere un volantino a sostegno dei fondi alle paritarie, ma le maestre gliel'hanno sempre impedito. Alla fine, esasperata, ha presentato un esposto, perché «non mi sentivo accettata all'interno della scuola».


Simonetta Pagnotti

Orsola Vetri (a cura di)
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